Guerra nucleare limitata: un attacco simulato

16/02/2011

Durante la forte politica di riarmo sotto la presidenza di Reagan negli USA (eletto nel 1981), si considerava reale la possibilità di una guerra nucleare europea. Gli esperti che lavoravano per il Governo degli Stati Uniti iniziarono degli studi strategici per verificare la possibilità di una guerra nucleare limitata, cioè una guerra nucleare che, grazie agli studi di perfezionamento del controllo e della precisione delle armi nucleari, fosse appunto controllabile. L’obiettivo era quello di una guerra fatta solo per spaventare il nemico, portarlo alla resa attraverso l’attacco di zone ben precise, come quelle industriali o militari, e quindi anche con l’obiettivo di non creare gli effetti catastrofici sopra elencati. 

Nasce così la bomba N, costruita appositamente per questo tipo di attacchi. Si tratta di un ordigno di potenza relativamente bassa, nel quale sono ridotti gli effetti meccanici, termici e di ricaduta radioattiva, ed esaltati quelli di radiazione neutronica che sono poi gli effetti che colpiscono gli esseri umani, che non sarebbero protetti nemmeno dalle più spesse lamiere dei carri armati. La bomba mira a ottenere scarsi, ma non nulli, effetti sulle cose, per concentrarsi quindi sulle persone. Per queste sue caratteristiche si presta a essere utilizzata come arma tattica nei confronti di installazioni e forze corazzate. E dato che il suo fallout è limitato permette a chi la utilizza di occupare i territori in cui è stata impiegata in tempi brevi. La risposta pacifista fu rapida, furono fatti degli studi per dimostrare l’insostenibilità di una guerra nucleare limitata. 

Per quanto riguarda gli effetti che un attacco con bombe N avrebbe in Italia, vediamo di seguito un esempio (da R. Maiocchi, L’era atomica, Giunti-Casterman, Firenze 1993).

La cartina mette in evidenza le conseguenze nel caso,

assurdo, in cui si potesse ragionare in questi termini.

Se l’Italia fosse colpita da 45 testate nucleari da 150 chiloton fatte esplodere contro installazioni militari o industriali nel mese di novembre vaste aree, per effetto dei venti, sarebbero colpite da conseguenze gravissime. Ci sono zone in cui le ricadute radioattive sarebbero mortali per il cento per cento della popolazione, altre zone dette intermedie dove la mortalità varierebbe dal dieci al novanta per cento della popolazione. Per questa seconda zona di contagio le possibilità di sopravvivenza dipenderebbero anche dall’assistenza medica che l’Italia sarebbe in grado di offrire. C’è poi un terzo livello di contaminazione con zone in cui le persone potrebbero manifestare malformazioni genetiche serie e danni all’agricoltura. Attacchi nucleari in un altro periodo dell’anno comporterebbero danni uguali, ma su diverse aree geografiche.