La comunità scientifica che inventò la bomba

16/02/2011

Se la comunità scientifica è a volte “chiusa in una torre d’avorio”, come disse Rasetti, e tende a essere autoreferenziale, quindi anche lontana dalla gente comune, lo scoppio della Seconda guerra mondiale non fece che esasperare questo aspetto. Negli anni ’30 del Novecento, periodo in cui la fisica nucleare fece grandi passi, gli scienziati dei più importanti centri di ricerca (concentrati in cinque nazioni:

Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania) comunicavano tra di loro, seguivano le scoperte gli uni degli altri, proseguivano i lavori altrui.

Questa comunità virtuale durante il conflitto cessò di esistere come tale in libertà, ma gran parte di essa venne “arruolata” a causa della militarizzazione e della conseguente segretazione delle ricerche nucleari. A Los Alamos, una delle principali sedi del Progetto Manhattan, si perfezionò una nuova figura, quella dello scienziato militare che come tale, come ebbe a dire perfino Amaldi, allievo di Enrico Fermi, studioso di fama internazionale e scienziato militare: “si pone automaticamente fuori della comunità scientifica basata sulla libera circolazione delle informazioni”. Gli studiosi che accettarono di progettare la bomba atomica furono infatti sottoposti al “segreto militare”, e vissero per molti mesi chiusi nei loro laboratori, lontani dai centri civili e si sentirono, anche per questo motivo, quasi investiti da una sorte di “missione salvifica”, con la sensazione, come scrive Massimo Zucchetti ne L’atomo militare e le sue vittime, «di scrivere direttamente gli eventi storici, prendendo parte a un grande progetto». Infatti, dal momento che la comunicazione tra i due schieramenti (quello dei ricercatori inglesi e statunitensi oppure europei emigrati in Usa e quello degli scienziati tedeschi) si interruppe, si ebbe una reazione diversa: gli “alleati” credevano che i tedeschi fossero in uno stadio avanzato in campo nucleare e che occorresse sviluppare la ricerca e porsi come obiettivo la realizzazione della bomba atomica.

Al contrario, i tedeschi erano convinti della posizione di eccellenza che la fisica nucleare tedesca aveva detenuto negli anni ’30 fosse inattaccabile e che gli alleati fossero in posizione tale da poter solo tentare di imitare i loro esperimenti e che quindi occorressero ancora molti anni di ricerca da entrambe le parti per poter realizzare la bomba atomica. Su questo “fraintendimento”, sulla convinzione cioè che la Germania di Hitler stesse fabbricando la bomba e potesse usarla, basò la manipolazione delle coscienze degli scienziati europei ed americani chiamati al Progetto Manhattan i cui scopi erano invece ben altri. Ma gli scienziati tedeschi erano molto lontani da questo obiettivo e i politici e gli alti vertici militari lo sapevano, ma continuarono a sfruttare il fraintendimento.