RICONSIDERARE LE ARMI NUCLEARI
18/05/2015
09.05.2014 – Ward Wilson
A volte è difficile sapere se il messaggio che porti arriva. Tieni un discorso, la gente applaude ma avranno davvero ascoltato ciò che stavi dicendo?
Le Monde ha pubblicato un’intervista, che è una testimonianza notevole del fatto che in Francia il messaggio su riconsiderare il ruolo delle armi nucleari sta arrivando.
La scorsa settimana ho tenuto un intervento in una conferenza presso l’Assemblea Nazionale. Erano presenti alcuni membri dell’assemblea, un ex primo ministro, ex ministri della difesa francesi ed ex ministri degli esteri provenienti da altri paesi. Hanno partecipato alcune rappresentanze di gruppi esperti, la stampa, specialisti nel campo e oltre 200 ospiti. Si è trattato di un evento eccezionale svoltosi presso la sede centrale della politica e del governo francese. Gli organizzatori (l’ex ministro della difesa Paul Quiles, l’ex comandante dell’aviazione militare francese Bernard Norlain, e Jean-Marie Collin) hanno fatto un lavoro straordinario.
Uno dei partecipanti era Hervé Morin, un politico di centro-destra, membro dell’Assemblea Nazionale e presidente del partito “Nuovo Centro”. Probabilmente sarà uno dei candidati alla carica di presidente della Francia alle prossime elezioni e potrebbe benissimo vincere.
Nella mia presentazione ho parlato del fatto che le opinioni riguardo le armi nucleari si basano su pochissimi dati: due esplosioni in Giappone e qualche crisi durante la Guerra Fredda. Ho fatto notare che quando si dispone di poche informazioni è facile sbagliarsi, e anche di molto. Pensate al modello universale del sistema tolemaico, ho detto. È stato costruito all’incirca ai tempi di Cristo disponendo solo di sette dati: il movimento del sole e le orbite della luna e cinque pianeti visibili nel cielo notturno. E, avendo considerato la terra al centro dell’universo, è risultato essere decisamente sbagliato. Ho mostrato alcune immagini del modello tolemaico e del modello copernicano (quello corretto) che lo ha sostituito.
Dopo il mio discorso, Jean-Marie mi disse che aveva osservato Hervé Morin mentre parlavo, e che sembrava molto interessato. Questa mattina ho scoperto quanto Jean-Marie avesse ragione.
Ieri, in un’intervista su Le Monde, Hervé Morin ha auspicato una “Rivoluzione copernicana” nel modo in cui pensiamo alle armi nucleari. Ha affermato che il mondo è cambiato, che è tutto diverso, che il disarmo è fondamentale, che l’Unione Europea dovrebbe essere alla guida del movimento per il disarmo nucleare e che abbiamo bisogno di riconsiderare completamente il nostro punto di vista sulle armi nucleari.
Ad essere sinceri, Morin ha preso le distanze dalle armi nucleari già da un po’ di tempo. E l’opinione pubblica lo ha influenzato. Ma è gratificante sapere che qualcosa di ciò che ho detto è arrivato.
E’ davvero significativo tenere una conferenza su un mondo senza armi nucleari a Parigi presso l’Assemblea Nazionale. Ed è ancora più significativo tenere una conferenza a cui partecipano politici di alto livello e luminari a livello nazionale. Ma vedere un politico, che spera un giorno di governare la Francia chiedere alla Francia stessa di assumere un ruolo guida nella lotta per il disarmo, non ha precedenti.
Traduzione di Luana Gabriele
Di seguito l’articolo citato dal titolo Hervé Morin vuole una « rivoluzione copernicana » contro la proliferazione nucleare
Le Monde.fr | 30.06.2014 alle 19.31 • Aggiornato il 01.07.2014 alle 4.48 | Intervista di Edouard Pflimlin
Il 26 e 27 giugno 2014, all’Assemblée nationale, a Parigi, si è tenuta una conferenza internazionale dal titolo « Verso un mondo senza armi nucleari ». Tra i partecipanti, Hervé Morin, ex ministro della difesa e deputato, presidente del Consiglio nazionale dell’UDI (Unione dei democratici indipendenti), ha concluso con il suo intervento la prima parte di quest’incontro di alto profilo, organizzato dall’associazione « Arrêtez la bombe ».
All’inizio del XXI secolo abbiamo assistito ad una netta diminuzione dell’arsenale nucleare, ma oggi il disarmo è in fase di rallentamento. Contrariamente a quanto si crede sulla deterrenza nucleare, questa strategia non è una garanzia di pace, e nulla ci assicura che l’arma nucleare non venga mai più utilizzata. Oltre ai pericoli della proliferazione nucleare, restano anche quelli di uno scoppio accidentale. Il semplice aumento del numero degli attori nucleari moltiplica i rischi di un fallimento della strategia di deterrenza. Le instabilità del dopo Guerra Fredda, di cui la crisi ucraina è un esempio, danno vita ad un nuovo universo strategico, nel quale l’eventualità di uno scoppio nucleare da parte di una potenza che ritiene minacciati i propri interessi fondamentali potrebbe tornare ad essere un’ipotesi plausibile. Ma le conseguenze umanitarie di un’esplosione nucleare, anche di energia relativamente limitata, sarebbero spropositate.
In questo contesto, è tempo di rilanciare il processo di disarmo nucleare, processo in cui, secondo Hervé Morin, che ha risposto alle domande di LeMonde.fr, l’Unione europea potrebbe avere un ruolo chiave.
Non pensa che le armi nucleari siano un fattore di stabilità nelle relazioni internazionali e che il loro abbandono potrebbe metterci in pericolo di fronte a Stati come la Russia o l’Iran?
Hervé Morin : si parla di un altro mondo. Siamo passati da un mondo bipolare ad un mondo «apolare», un mondo in cui molte potenze emergenti raggiungeranno presto un livello di ricchezza e di sviluppo tecnologico pari al nostro. Il rischio di proliferazione dunque aumenterà. Ora, il discorso occidentale è che il nucleare sia in qualche modo la nostra « assicurazione sulla vita», il fattore che garantisce la nostra sicurezza. E’ qui il problema: perché, in virtù di un mondo ormai datato costruito in un’altra epoca, questi paesi emergenti si dovrebbero considerare legati ad un TNP (Trattato di Non-Proliferazione nucleare del 1967) che risale ad un periodo storico superato? In questo contesto, il modo migliore di lottare contro la proliferazione nucleare è di impegnarsi, non ingenuamente, ma con determinazione, in una politica di disarmo nucleare.
Certo, la Francia e l’Europa non devono essere le prime a disarmarsi. È chiaro che devono essere gli Stati Uniti e la Russia a fare il primo passo. Ma l’Unione europea deve prendere in mano le redini di questa causa. Sarebbe per noi un eccezionale vettore di autorevolezza. L’occasione, per l’Europa, di essere ascoltata sulla questione del disarmo nucleare.
Crede che un’iniziativa del genere possa avere qualche possibilità di successo, tenendo conto che alcuni Stati emergenti, o potremmo dire anche « emersi », considerano il possesso di armi nucleari un fattore di potere e di sicurezza, come del resto anche noi francesi?
È proprio per questo che sottolineo che se vogliamo evitare la proliferazione delle armi nucleari, con i rischi inerenti ed inesorabili che ne derivano, dobbiamo impegnarci noi stessi in un processo di denuclearizzazione.
Per lottare contro la proliferazione delle armi nucleari è necessaria una « rivoluzione copernicana »: i paesi sviluppati, in virtù di un ordine mondiale superato che risale al 1945, hanno potuto conservare le armi nucleari e imporre agli altri Stati di non averne! Prima o poi questi paesi emergenti rivendicheranno anch’essi il diritto di possedere armi simili. Non possiamo più mantenerci su questa posizione [quella degli Stati occidentali].
Pensare, come fa l’ex ministro degli Esteri Hubert Védrine [che ha partecipato alla conferenza], che potremo abbandonare le armi nucleari solo quando avremo risolto tutti i problemi internazionali equivale a rinunciare. E rinunciare è il contrario della politica!
Ma non teme che abbandonare le armi nucleari ci esporrebbe al rischio di attacchi con armi convenzionali, per esempio da parte della Russia o dell’Iran?
No, il fatto che detenessimo le armi nucleari non ha assolutamente impedito alla Russia di annettere la Crimea e affondare l’Ucraina. D’altronde, fin dove potrebbe arrivare la Russia senza una reazione da parte nostra? Se andassimo verso un’opzione zero in materia di armi nucleari, si renderebbe necessario un trattato internazionale dotato di un sistema coercitivo che ne garantisca la severa applicazione. Se un paese venisse meno, anche di poco, al trattato, una reazione coercitiva sarebbe immediatamente messa in campo dagli altri Stati del pianeta.
Sulla questione iraniana, tengo a sottolineare che ci fidiamo talmente poco del nostro arsenale nucleare da schierarci a favore di una difesa antimissile, in particolare nel contesto NATO. Se pensiamo che la deterrenza nucleare ci protegga dalla minaccia iraniana, perché allora ricorrere ad una difesa antimissile?
La sua idea di un’iniziativa europea in materia di disarmo nucleare è innovativa, ma lei pensa che siano gli Stati Uniti e la Russia a dover fare il primo passo. Perché?
Dato che sono gli Stati Uniti e la Russia a detenere il 95% dell’arsenale nucleare mondiale, è logico che spetti a loro cominciare.
Nel suo intervento, il 26 giugno, lei ha fatto riferimento alla componente aerea della deterrenza nucleare francese, le Forze Aeree Strategiche (FAS, aerei del costruttore aeronautico Dassault. Si tratta di modelli ASMPA, Aria Suolo a Media Portata Migliorato, di Mirage 2000N e Rafale): non pensa che la Francia potrebbe prendere l’iniziativa eliminando questa componente, e dando così un segnale forte in materia di disarmo nucleare?
Le restrizioni di bilancio della Francia sono considerevoli. Ora, dal 2016 sarà necessario un aumento del 10% all’anno degli investimenti destinati al nucleare. Abbiamo anche degli obblighi strategici, con conseguente necessità di mezzi d’osservazione. Sono indispensabili negli attuali contesti operativi, come anche i mezzi di trasporto. Non siamo più in grado di garantire il controllo degli spazi marittimi e di finanziare i programmi della Marina. Queste numerose restrizioni mi portano a pensare che potremmo in effetti basarci unicamente sulla FOST per garantire la deterrenza nucleare (FOST, Forza Oceanica Strategica della Marina nazionale, costituita da quattro sottomarini nucleari lanciamissili balistici, o SNLE, che trasportavano missili M45, di portata superiore a 6000km, poi progressivamente sostituiti da missili M51, di portata superiore a 8000 km).
Il trattato di non proliferazione (TNP)
Il TNP o trattato sulla non-proliferazione delle armi nucleari è entrato in vigore il 5 marzo 1970 ed è stato prorogato l’11 maggio 1995 per una durata indefinita. Gli Stati membri sono 189. Il trattato differenzia gli Stati dotati di armi nucleari – quelli che hanno fatto esplodere un’arma nucleare prima dell’1 gennaio 1967: Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Unione sovietica (oggi Russia) e quelli non dotati di armi nucleari – gli Stati partecipanti al trattato che rinunciano a procurarsi queste armi.
Nonostante esista un’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AEIA), incaricata di vegliare all’applicazione del trattato, il TNP non ha impedito a numerosi Stati di sviluppare l’arma nucleare – tra i quali la Corea del Nord, che faceva parte del trattato, ma anche Israele, India e Pakistan, paesi non firmatari. Vari Stati sono sospettati di aver sviluppato un programma nucleare militare, come l’Iran, o di averlo fatto grazie ad un programma illegale, come l’Iraq e la Libia. Si sottolinea che il TNP contiene una clausola di disarmo (articolo VI) per la quale tutti i firmatari si devono impegnare a negoziare in vista dell’interruzione della corsa agli armamenti nucleari e di un disarmo generale e completo sotto il controllo internazionale. Molti paesi hanno già rinunciato alle armi nucleari, come la Svezia, che si preparava a testarla nel 1968, ma anche l’Ucraina, il Kazakistan, la Bielorussia, tre paesi che avevano “ereditato” le armi nucleari sovietiche sparse sul loro territorio, il Brasile, l’Argentina o ancora il Sud Africa.
Giornalista e docente di relazioni internazionali
Traduzione di Maria Chiara Neri