Ascoltiamo le voci delle e degli hibakusha che chiedono a tutti gli stati di firmare il Trattato sulla Messa al Bando delle Armi Nucleari

21/09/2017

di Daisaku Ikeda, Presidente della Soka Gakkai Internazionale

Tokyo (IDN) – Il Trattato sulla Messa al Bando delle Armi Nucleari, approvato alle Nazioni Unite lo scorso luglio, sarà presto aperto alla firma. Quasi due terzi degli stati membri delle Nazioni Unite hanno preso parte ai negoziati che hanno dato vita a questo trattato, ed è molto commovente assistere ai primi passi concreti verso la sua entrata in vigore. Spero ardentemente che i 122 stati che ne hanno sostenuto l’adozione saranno affiancati da altri che lo sottoscriveranno, così da potere diventare legge internazionale nel più breve tempo possibile.

La ricerca di un mondo libero dalle armi nucleari è stata il cuore della prima risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottata nel gennaio 1946, poco dopo la nascita dell’ONU. Negli oltre settant’anni successivi il disarmo nucleare è stato oggetto di numerose risoluzioni.

Lo slancio necessario alla recente svolta è stato reso possibile da una nuova maggiore consapevolezza da parte della comunità internazionale della natura profondamente inumana delle armi nucleari. Le e gli hibakusha, cioè le vittime delle armi nucleari, hanno ripetutamente espresso il loro intenso desiderio che nessun altro debba mai sopportare ciò che essi hanno sofferto, e questo è stato fondamentale per modificare profondamente il discorso sulle armi nucleari.

L’impatto dello sforzo congiunto della comunità internazionale ha costituito le fondamenta del Trattato. Per due volte nel Preambolo al Trattato vengono menzionati gli hibakusha, e questo testimonia la centralità delle loro voci.

La reale portata del Trattato è data dalla sua proibizione delle armi nucleari in qualsiasi fase o aspetto – dal possesso all’uso, e alla minaccia d’uso. Non viene prevista alcuna eccezione o attenuante. Questo colma l’assenza, già sottolineata nel Parere Consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 1996, di un esplicito divieto legale sulle armi nucleari.

Sulla base di una posizione simile, l’8 settembre di sessant’anni fa il mio maestro e secondo Presidente della Soka Gakkai Josei Toda rese la sua dichiarazione sulle armi nucleari, definendo il loro utilizzo inammissibile e impossibile da giustificare per qualsivoglia ragione. Su questo presupposto chiese a gran voce la loro abolizione.

Facendo propria la dichiarazione di Toda, in anni recenti i membri della Soka Gakkai Internazionale (SGI) hanno lavorato fianco a fianco con la Campagna Internazionale per la messa al bando delle Armi Nucleari (ICAN) nel sostenere la redazione della bozza del Trattato e hanno collaborato con altre organizzazioni religiose per rilasciare una serie di otto dichiarazioni congiunte a nome delle Comunità Religiose preoccupate per le Armi Nucleari.

Queste dichiarazioni congiunte hanno cercato di mettere in risalto la dimensione etica della questione nucleare: “Le armi nucleari sono incompatibili con i valori sostenuti dalle nostre rispettive tradizioni religiose quali: il diritto delle persone di vivere in sicurezza e con dignità; i dettami della coscienza e della giustizia; il dovere di proteggere i più deboli ed esercitare la cautela che permetterà di salvaguardare il pianeta per le generazioni future.”

Alla base della dottrina della deterrenza, che ha tenuto prigioniera l’umanità in una spirale di sfiducia sin dagli albori della Guerra Fredda, c’è un raggelante disprezzo per la vita, che ritiene potenzialmente inevitabile infliggere sofferenze davvero indicibili a innumerevoli cittadini comuni.

Come sottolineato da Josei Toda nella sua dichiarazione, la sola esistenza delle armi nucleari rappresenta la più grande minaccia immaginabile al diritto individuale di ciascuno alla vita e al diritto condiviso dell’umanità alla sopravvivenza.

Il Trattato sulla Messa al Bando delle Armi Nucleari incarna una profonda critica e rifiuto di questo modo di pensare, di questo disprezzo per la vita. Come dichiarato da Elayne Whyte Gómez, Ambasciatrice del Costa Rica e Presidente della conferenza di negoziazione, il divieto formalizzato nel Trattato può contribuire alla creazione di un “nuovo paradigma per la sicurezza nel 21° secolo.”

Il Trattato è stato redatto tenendo nella dovuta considerazione la condizione degli stati nucleari e di quelli da essi dipendenti. Perciò la completa eliminazione dell’arsenale nucleare di uno stato non costituisce condizione necessaria per aderire al Trattato: gli stati possono aderire al Trattato revocando lo stato di allerta dei loro arsenali nucleari e presentando un piano per l’eliminazione dei propri programmi nucleari.

Come dichiarato dal rappresentate austriaco alla conferenza di negoziazione, nessuno dei partecipanti è stato mosso dal desiderio di rendere un altro stato o qualsiasi individuo meno sicuri.

La pace e la sicurezza sono la principale preoccupazione di qualsiasi stato e dei suoi cittadini. Tuttavia, alla luce della natura disumana delle armi nucleari, la vera questione da porsi è se mantenere il possesso di armi nucleari sia davvero necessario per la sicurezza nazionale.

Il Giappone è il solo stato ad avere vissuto l’uso di armi nucleari durante un conflitto. Esso abbraccia i tre principi non nucleari: non possiede, non produce e non permette lo stazionamento di armi nucleari entro i propri confini. I sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki hanno lottato fino allo stremo nella speranza di vedere la realizzazione di un mondo libero dalle armi nucleari nel corso della loro vita. Per tutte queste ragioni ritengo che il Giappone dovrebbe aderire al Trattato ed esorto con forza a delineare in maniera decisa e rapida un piano d’azione in tal senso.

Qualsiasi uso delle armi nucleari e successiva ritorsione porterebbe a conseguenze catastrofiche che annullerebbero ogni sforzo di contenere o mitigarne i danni. L’impatto andrebbe inoltre ben al di là dei confini nazionali e temporali, con effetti fin nel lontano futuro. Simili scenari sono stati ben delineati nel corso di una serie di conferenze internazionali sull’impatto umanitario delle armi nucleari, inclusa quella tenutasi a Vienna del dicembre 2014, alla quale hanno preso parte sia il Regno Unito che gli Stati Uniti, due potenze nucleari.

Questo dibattito è stato il cuore del processo che si è concluso con l’approvazione del Trattato, e fa emergere la necessità di distinguere tra il perdurare del possesso di armi nucleari e il raggiungimento dei legittimi obiettivi di sicurezza.

Il discorso sulle armi nucleari non può essere oltre incentrato e sviluppato unicamente sulla base del bisogno di sicurezza di un singolo stato. La pace dell’umanità nel suo insieme e il diritto collettivo alla vita di tutte le persone che abitano la Terra deve essere il punto di partenza, la base da cui partire per eliminare le armi nucleari e costruire un nuovo paradigma di sicurezza per il 21° secolo. L’essenza della questione non è il confronto tra stati che possiedono armi nucleari e quelli che non le possiedono, ma il confronto tra la minaccia costituita dalle armi nucleari e il diritto dell’umanità a vivere.

Questa è la nuova consapevolezza che deve prendere piede tra tutte le persone, e sono convinto che la forza trainante di un simile cambiamento sia la mobilitazione a livello globale delle voci della società civile. Oggi più di 7.400 cittadini in 162 paesi e territori appartengono alla rete di Mayors for Peace (Sindaci per la Pace). Questo dimostra la profondità e ampiezza del movimento in favore di un mondo senza armi nucleari, anche negli stati nucleari e di quelli che da essi dipendono.

Sembra chiaro che senza il potente slancio degli hibakusha e della società civile nel suo insieme il processo di elaborazione del Trattato non avrebbe compiuto ulteriori passi avanti. Come ha detto il rappresentante dell’Egitto: “Nonostante i membri della società civile tradizionalmente siedano in fondo alle sale dove ci riuniamo… la loro passione e dedizione alla causa dell’abolizione delle armi nucleari li pone in prima linea per il rispetto che dobbiamo al loro spirito comunitario e alla loro volontà di sensibilizzazione.”

Con l’adozione del Trattato per la Messa al Bando delle Armi Nucleari, lo sforzo per l’abolizione di queste armi entra in una nuova fase.  Adesso è fondamentale promuovere una consapevolezza diffusa rispetto al Trattato e al suo valore, costruendo una rete davvero solida e capace di espansione a supporto del Trattato e dei suoi obiettivi.

L’articolo 12 del Trattato chiama tutti gli stati aderenti a lavorare per la sua universalizzazione. Perciò è indispensabile che la precisa consapevolezza del vero volto delle armi nucleari, sperimentato e raccontato dagli hibakusha, sia condivisa e sostenuta dai cittadini di tutti gli stati e di tutte le generazioni. Sotto questo aspetto, l’educazione alla pace e al disarmo svolgono un ruolo fondamentale.

Questo tipo di educazione e apprendimento può costituire la base che permette ai cittadini degli stati nucleari e di quelli che da essi dipendono di unirsi all’impresa globale di dare vita a un mondo libero dalle armi nucleari.

Alla luce della particolare natura del Trattato, che è stato negoziato con la partecipazione e il contributo della società civile, è evidente che la società civile globale è chiamata a svolgere un ruolo centrale nel promuovere l’adesione universale al Trattato attraverso l’educazione alla pace e al disarmo.

Consideriamo il 20 settembre, giorno dell’apertura alla firma del Trattato per la Messa al Bando delle Armi Nucleari, come un’opportunità per rinnovare il nostro impegno a lavorare al fianco di partner come l’ICAN e altre organizzazioni della società civile per incoraggiare l’adesione universale al Trattato e compiere un poderoso balzo in avanti verso la realizzazione di un mondo libero dalla minaccia delle armi nucleari.

[IDN – InDepthNews – 18 settembre 2017]

fonte: https://www.indepthnews.net/index.php/opinion/1366-heed-the-voices-of-the-hibakusha-urging-all-states-to-sign-the-treaty-on-the-prohibition-of-nuclear-weapons