Ray Acheson: “La soluzione alla crisi nell’Europa dell’Est non può essere militare”

08/03/2022

Come redazione di Senzatomica pubblichiamo alcuni estratti di una recente intervista condotta da Francesco Vignarca a Ray Acheson, attivista e scrittrice, parte della Women’s International League for Peace and Freedom, la più antica organizzazione femminista di pace del mondo. L’intervista risale ai giorni immediatamente successivi al riconoscimento da parte di Putin delle cosiddette repubbliche separatiste del Donbass (Luhansk e Donetsk), quando ancora l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo non era effettivamente cominciata. Nonostante la sua collocazione temporale, riteniamo che alcuni passaggi di questa intervista rappresentino un prezioso contributo per riflettere sulle rivendicazioni più adatte da fare come movimenti per la pace rispetto agli ultimi sviluppi di questa crisi. In un momento in cui le operazioni militari dell’esercito russo sembrano lontane dall’arrestarsi e la reazione dei governi europei si è definitivamente allineata sull’invio di armamenti all’esercito ucraino, pensiamo sia importante riportare l’attenzione sul disastro che comporterebbe un’eventuale guerra nucleare, sulle vie di disarmo concretamente percorribili in questa situazione e sull’importanza di costruire una condizione di pace che sia realmente aderente al concetto di sicurezza umana.

FACILE A DIRSI, MENO A DISARMARSI

Questo braccio di ferro corre il serio rischio di portarci alla distruzione di massa. Russia e Stati Uniti possiedono più di 11.850 armi nucleari, gli altri membri della NATO, Francia e Regno Unito ne hanno alcune centinaia ciascuno. Gli Stati Uniti hanno anche circa 100 testate nucleari in Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia. Non sono residuati di una guerra fredda ormai passata, ma pronte per essere usate. I numeri delle scorte, per quanto allarmanti, non trasmettono il puro orrore che ogni arma racchiude in sé. Ogni singola bomba è progettata per sciogliere la carne, bruciare città, decimare piante e animali, e scatenare un veleno radioattivo che dura per generazioni. Anche l’uso di una sola di queste armi sarebbe disastroso. Uno scambio nucleare sarebbe catastrofico. Russia e gli Stati Uniti, insieme a Francia, Regno Unito e Cina, hanno recentemente concordato che una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta, facendo eco a una dichiarazione di Michail Gorbačëv e Ronald Reagan nel 1985. Eppure ognuno di questi Paesi ha investito miliardi nella “modernizzazione” e nell’espansione dei propri arsenali nucleari, preparandosi non al disarmo ma all’Armageddon nucleare. Ognuno mantiene dottrine e politiche per l’uso delle armi nucleari: un messaggio incredibilmente pericoloso che va a diretto beneficio del complesso militare-industriale.

METTERE IN PRIMO PIANO GLI IMPATTI UMANITARI E AMBIENTALI

[…] Think tank e politici, media e analisti che giocano alla guerra agiscono come se i Paesi fossero pezzi degli scacchi e le persone fossero numeri su una pagina. I funzionari governativi statunitensi, per esempio, hanno stimato che una guerra in Ucraina potrebbe uccidere da 25.000 a 50.000 civili, da 5.000 a 25.000 militari ucraini e da 3.000 a 10.000 soldati russi. Ricordiamo che nell’Ucraina orientale i combattimenti in corso dal 2014 hanno già ucciso più di 14.000 persone e sfollato milioni di persone. Invece di vedere queste persone come individui, le cui vite hanno un valore e un significato, che fanno parte di famiglie e comunità, gli esperti le calcolano solo come “perdite accettabili” e rischi di “danni collaterali”, e guardano dall’altra parte mentre i corpi si accumulano. Questi numeri non tengono conto del terrore psicologico di vivere nel conflitto, di sentire le bombe sganciate o i droni che si librano sopra la testa, di avere paura di lasciare la propria casa, di vedere morire i propri cari. Queste cifre non tengono conto anche degli impatti ambientali della guerra, i resti tossici o esplosivi delle armi, i danni alla terra, all’acqua e agli animali. Noi pensiamo che questi impatti umanitari e ambientali dovrebbero essere in primo piano in tutte le decisioni politiche.

AZIONI CONCRETE PER IL DISARMO

C’è un’urgenza di demilitarizzazione e disarmo. Invece di incoraggiare l’invio di più armi e soldati in questa situazione, invece di giustificare il militarismo di una parte a causa dell’altra, dobbiamo invece sforzarci di portare in de-escalation questa crisi attraverso il disarmo, la smilitarizzazione e la diplomazia. […] Tutte le parti coinvolte dovrebbero impegnarsi a negoziare un nuovo trattato sulle forze convenzionali in Europa e smilitarizzare il Continente attraverso ispezioni, impegnandosi anche ad evitare attacchi cibernetici, specialmente contro infrastrutture critiche che colpiscono la vita dei civili. Inoltre tutte le parti interessate devono intraprendere azioni urgenti per prevenire la guerra nucleare: sulla scia del crollo del trattato sulle forze nucleari a medio raggio INF devono essere elaborate nuove regole per non schierare tali missili in Europa o nella Russia occidentale. Gli Stati Uniti e la Russia hanno anche bisogno di concludere nuovi accordi che raggiungano ulteriori tagli verificabili nelle armi nucleari strategiche e non strategiche e sulle limitazioni delle difese missilistiche a lungo raggio, prima che il nuovo trattato di riduzione delle armi strategiche (New START) scada all’inizio del 2026. Inoltre gli Stati Uniti dovrebbero ritirare le loro armi nucleari di stanza nei Paesi membri della NATO e la Russia dovrebbe ritirare le sue armi nucleari tattiche dalle basi vicino al suo confine occidentale.

Per leggere le conclusioni dell’intervista rimandiamo alla lettura dell’intero articolo pubblicato da AltraEconomia al link https://altreconomia.it/la-soluzione-alla-crisi-nelleuropa-dellest-non-puo-essere-militare/

Ringraziamo AltraEconomia per la gentile concessione alla pubblicazione di alcuni estratti dell’intervista.