Trasformare la paralisi in azione, giovani attiviste a confronto
16/03/2023
A cura della Redazione Senzatomica
Sessantacinque anni fa, il 16 marzo 1958, Josei Toda, leader buddista, educatore e secondo presidente della Soka Gakkai, affidò ai giovani il movimento per la pace a cui aveva dedicato tutta la sua vita. Allo stesso modo, oggi le Nazioni Unite definiscono i giovani “agenti critici di cambiamento” come sottolineato nella risoluzione 2250 dell’Assemblea generale dell’ONU che stabilisce gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Le nuove generazioni hanno il potere di aprire nuove strade in ogni campo in cui viene data loro la possibilità di impegnarsi attivamente. In occasione di questa ricorrenza pubblichiamo il report del panel “giovani attiviste” svoltosi durante l’evento “Senzatomica Revolution Talks” del 4 febbraio scorso. Il focus di questo dialogo è stato il ruolo dei giovani nei processi di trasformazione della società.
Quanto ognuno di noi crede di poter fare la differenza per migliorare il mondo? Con che atteggiamento ci poniamo di fronte alla minaccia di utilizzo delle armi nucleari? Quanto, come e su quali criticità della società in cui viviamo ci sentiamo impegnati? Sono questi gli interrogativi affrontati nella tavola rotonda a cui hanno preso parte Venessa Hanson (ICAN), Marzia Grimaldi (Croce Rossa Italiana), Alice Filiberto (Youth For TPNW) e Alessja Trama (Senzatomica). Lo stimolante dialogo tra le giovani attiviste è stato alimentato dall’interazione con il pubblico, che ha contribuito in tempo reale partecipando a un sondaggio in diretta.
Riguardo alla possibilità di essere incisivi nei cambiamenti sociali, Venessa Hanson ha fatto notare che spesso nei contesti in cui si prendono decisioni importanti c’è carenza di persone giovani e in particolare di giovani donne: “In quelle stanze siamo in minoranza – ha affermato – ma col nostro lavoro stiamo cercando di far sì che ci siano più donne nell’ambito”. In questo contesto si sono inserite le esperienze personali delle attiviste. Alessja Trama ha raccontato di come visitare la mostra Senzatomica all’età di 18 anni le abbia fatto percepire per la prima volta che, per quanto la realtà dei problemi del mondo sembri fuori dal nostro controllo, l’esistenza delle armi nucleari affonda le sue radici nelle dinamiche dell’animo umano che ognuno di noi può decidere di trasformare.Un altro aspetto cruciale emerso nel dialogo è l’importanza di informarsi per reagire al senso di impotenza. La paura di un conflitto nucleare riguarda tutti ma essere scossi da tale sentimento può essere l’occasione per “trasformare la paralisi in azione” ha aggiunto Venessa. In merito a ciò, Alice Filiberto ha raccontato di come il suo impegno per il disarmo nucleare sia nato grazie al fatto di essersi informata in seguito a un dialogo con un collega di studi: “le cose a volte sembrano troppo distanti o troppo complicate è quindi fondamentale partire dall’informazione e dalla parola condivisa”. Attraverso l’informazione, l’essere umano accresce la conoscenza di ciò che lo circonda, sviluppa un pensiero critico e acquisisce una maggiore fiducia nell’intraprendere un ruolo attivo nel suo contesto. Allo stesso tempo, la diffusione incontrollata di notizie distorte e istigazioni all’odio, spesso definita con il neologismo “infodemia”, può intensificare la discriminazione e il pregiudizio. In questo senso, sapersi informare rappresenta di per sé una preziosa sfida. Le generazioni più giovani, spesso definite come “native digitali”, possono avere un ruolo chiave nel rivoluzionare in positivo il rapporto tra società e nuovi mezzi di informazione. Come ha suggerito Venessa “condividere un post di informazione con parenti o amici rappresenta già un’azione grandissima”.
Una volta chiarita l’importanza della consapevolezza personale, il passo successivo è comprendere il legame tra le azioni individuali e i cambiamenti su scala globale. Rispetto a questo tema, sono stati citati esempi di importanti risultati ottenuti da campagne partite dal basso grazie all’impegno della società civile. Marzia Grimaldi ha fatto notare che sono proprio queste le caratteristiche che accomunano Il trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW) e la legge internazionale che ha vietato le mine anti-persona. Il TPNW, per la sua applicazione, prevede, infatti, la partecipazione della società civile in un ruolo di primo piano, accanto a quello degli Stati e delle organizzazioni internazionali.
In chiusura è stato sottolineato il legame tra la lotta per l’abolizione delle armi nucleari e altre grandi sfide che l’umanità si trova ad affrontare come il cambiamento climatico, le disuguaglianze sociali e la violenza di genere. L’impatto che una guerra nucleare, anche di piccole dimensioni, avrebbe sulla società sarebbe tale da coinvolgere al tempo stesso ognuno di questi aspetti. Ad esempio, la quantità di polveri innalzate al di sopra della stratosfera porterebbe all’avvento del cosiddetto inverno nucleare con conseguenze gravissime sulla produzione di cibo a livello globale [1]. Diversi studi [2] hanno inoltre rivelato che il rischio di effetti collaterali da radiazioni nucleari è sensibilmente maggiore per donne e ragazze.
Vista la loro profonda interconnessione, interessarci anche ad una sola di queste tematiche ci porta inevitabilmente ad abbracciarle tutte. Ciò può aiutarci a non sentirci soli e ad allargare sempre di più la nostra rete di dialogo e di impegno condiviso per trasformare in meglio il mondo in cui viviamo.
[1]: https://www.nature.com/articles/s43016-022-00573-0
[2]: https://www.genderandradiation.org/success-stories