Il 29 aprile, si è svolto presso il Church Center l’evento “Preventing the use of nuclear weapons: in pursuit of nuclear disarmament” (“Prevenire l’uso delle armi nucleari: verso il disarmo nucleare”), organizzato dalla Soka Gakkai Internazionale in collaborazione con il James Martin Center for Nonproliferation Studies e patrocinato dalla Missione Permanente del Kazakistan e dal Middlebury Institute of International Studies at Monterey.
Relatori
Prof. William Potter (Moderatore) – Direttore del James Martin Center for Nonproliferation Studies
Sig. Arsen Omarov – Ministro-Consigliere della Missione Permanente del Kazakistan presso l’ONU a Ginevra
Sig. Adedeji Ebo – Direttore e Vice Rappresentante dell’Alto Rappresentante per gli Affari del Disarmo
Amb. Alexander Kmentt – Direttore del Dipartimento per il Disarmo, Controllo degli Armamenti e Non Proliferazione, Ministero degli Esteri austriaco
Sig.ra Gaukhar Mukhatzhanova – Direttrice del Programma su Organizzazioni Internazionali e Non Proliferazione, VCDNP
Sig.ra Chie Sunada – Direttrice del Dipartimento per il Disarmo e i Diritti Umani, SGI
Il dibattito si è aperto con una riflessione sulla situazione attuale del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT), i cui tre pilastri – disarmo, non proliferazione e uso pacifico dell’energia nucleare – continuano a essere messi alla prova da tensioni geopolitiche e da una cultura diplomatica spesso poco aperta al dialogo. L’ambasciatore Alexander Kment ha sottolineato la necessità di superare la retorica del disarmo come “idealismo” contrapposto al “realismo” della deterrenza nucleare. Ha ribadito che il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) rappresenta, in realtà, un realismo fondato su prove scientifiche e sull’analisi concreta delle conseguenze umanitarie dell’uso di armi nucleari.
La direttrice Gaukhar Mukhatzhanova ha evidenziato il valore strategico delle Zone Libere da Armi Nucleari (NWFZ), fondamentali non solo per la sicurezza regionale, ma come strumenti di stabilità globale. Ha fatto riferimento al discorso Nobel del 1974, che incoraggiava una graduale estensione di queste zone, sottolineando il potenziale ancora inespresso di questi accordi regionali.
Particolarmente toccante l’intervento di Chie Sunada, che ha posto al centro la necessità di rinnovare il “tabù nucleare” e di riportare l’umanità nella conversazione sul disarmo. Ha proposto l’adozione di una moratoria annuale, rinnovabile, sul Non primo uso (No First Use), come misura concreta di rafforzamento della fiducia tra gli Stati. È stata anche evidenziata l’importanza di un linguaggio più accessibile e inclusivo, per superare la tecnicità che spesso esclude la società civile dai processi decisionali.
Il professor William Potter ha concluso sottolineando che il cambiamento può avvenire anche grazie all’azione di singoli individui e alla capacità delle comunità di mantenere viva la memoria storica, oggi messa in pericolo dalla perdita di riferimenti istituzionali e culturali. Il fallimento nell’attuazione delle decisioni della conferenza del 1995 è stato citato come un esempio emblematico delle difficoltà di portare avanti impegni già presi.
L’incontro ha ribadito che, di fronte alla crescente polarizzazione tra gli Stati membri e alla paralisi delle negoziazioni multilaterali, è necessario rimettere al centro le persone, le comunità colpite e le generazioni future. Le testimonianze dei sopravvissuti ai test nucleari e ai bombardamenti restano un monito potente e umano che va oltre le logiche strategiche. Affrontare la minaccia delle armi nucleari non può più essere solo una questione tecnica o geopolitica, ma una responsabilità collettiva verso la dignità della vita umana.
