Ikeda al G7: crisi Ucraina e “Non primo uso”
28/04/2023
Di Daisaku Ikeda
La crisi ucraina, arrivata al suo secondo anno, oltre a portare devastazione alla popolazione di quel Paese, ha avuto gravi ripercussioni su scala globale facendo addirittura riaffacciare lo spettro dell’uso di armi nucleari. In questo contesto e tra le pressanti richieste di una risoluzione, dal 19 al 21 maggio si terrà a Hiroshima, in Giappone, il vertice G7 delle principali nazioni industrializzate.
La scelta di tenere questo vertice a Hiroshima riporta alla mente la determinazione espressa dal dottor Bernard Lown, cofondatore dell’International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW).
Nel marzo 1989, mentre il mondo si avviava rapidamente verso la conclusione della Guerra fredda, il dottor Lown venne in Giappone e visitò Hiroshima. Quando ci incontrammo a Tokyo descrisse l’impegno che lo aveva spinto a dedicarsi alla pace, pur continuando a lavorare come cardiologo negli Stati Uniti.
Egli raccontò che, come medico, era motivato dal desiderio di salvare le persone da una morte dolorosa. Questo sentimento nel tempo si trasformò nella determinazione di abolire le armi nucleari, capaci di provocare la fine dell’intera umanità. Tale decisione radicale fu condivisa con il collega [sovietico ndr] Yevgeny Chazov, specialista in ricerca cardiovascolare, quando, superando la barriera della Guerra fredda, i due si unirono per fondare l’IPPNW. Gli scambi che diedero vita a questo nuovo movimento risalgono al dicembre 1980, più di cinque anni prima che il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il segretario generale sovietico Mikhail Gorbaciov, a Ginevra, emettessero nel novembre 1985 quel comunicato congiunto in cui espressero la nota dichiarazione: «una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta»[1] .
L’anno successivo, nel giugno 1986, Lown e Chazov si recarono a Hiroshima dove incontrarono le vittime del bombardamento del 1945, ancora ricoverate in ospedale a causa degli effetti ancora presenti delle radiazioni. Il giorno successivo in occasione di un simposio tennero una conferenza congiunta intitolata “Viviamo insieme, non moriamo insieme: cosa dobbiamo fare ora per prevenire la guerra nucleare?“. Queste parole esprimono in modo conciso i sentimenti di medici totalmente impegnati a proteggere le vite degli altri, e mostrano anche una certa risonanza con la determinazione dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki: l’impatto devastante delle armi nucleari non deve mai essere sperimentato da nessun altro essere umano su questo pianeta.
Negli ultimi anni, mentre la pandemia da COVID-19 infuriava e le nazioni sembravano ripiegarsi su se stesse, ciò che ha sostenuto la cooperazione internazionale per la salute pubblica è stato lo spirito di solidarietà incarnato dalle parole: “Viviamo insieme, non moriamo insieme”.
Chiedo con forza che, ispirandosi a questo spirito, ci si adoperi attraverso il vertice del G7 di Hiroshima al fine di trovare un percorso per la risoluzione della crisi ucraina che ha portato sofferenza a così tante persone, e di raggiungere un chiaro accordo sulla prevenzione dell’uso, o della minaccia di uso, di armi nucleari.
Mentre la crisi dei missili di Cuba tenne il mondo paralizzato dal terrore per tredici giorni nell’ottobre 1962, la crisi ucraina [dopo oltre 14 mesi, ndr] ha continuato ad aggravarsi, come dimostrano il piano della Russia di dispiegare armi nucleari in Bielorussia, gli attacchi in prossimità delle centrali nucleari e l’interruzione della fornitura di elettricità alle stesse. Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha descritto ogni perdita di elettricità di una centrale nucleare come un lancio di dadi, dichiarando: «Se permettiamo che ciò continui a ripetersi, un giorno la nostra fortuna finirà»[2]. In effetti, il rischio di catastrofe derivante dall’attuale andamento non può essere negato.
Nel febbraio di quest’anno, in occasione del primo anniversario della crisi si è tenuta una sessione speciale d’emergenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in cui è stata adottata una risoluzione che chiedeva la rapida realizzazione della pace in Ucraina ed esprimeva profonda preoccupazione per le devastanti conseguenze della guerra su molteplici problemi globali, come la sicurezza alimentare e l’energia. Tra i paragrafi operativi della risoluzione c’era quello che esortava a “cessare immediatamente gli attacchi alle infrastrutture critiche dell’Ucraina e qualsiasi attacco deliberato a obiettivi civili, compresi residenze, scuole e ospedali” [3]. Questo appello deve essere rispettato per evitare che vengano inflitte ulteriori sofferenze alla popolazione civile.
Con questo primo passo essenziale, tutte le parti interessate devono riunirsi per creare uno spazio di discussione mirata a una completa cessazione delle ostilità. A questo proposito vorrei proporre che, man mano che i negoziati avanzano, grazie agli sforzi di cooperazione dei Paesi interessati, ad essi prendano parte anche rappresentanti della società civile, come i medici e gli educatori che lavorano nelle scuole e negli ospedali per proteggere e nutrire la vita e il futuro delle persone, partecipando come osservatori.
Una volta il dottor Lown ha descritto le attività dell’IPPNW come segue: «I medici hanno una formazione e un’esperienza che consente loro di resistere alla pericolosa tendenza a generalizzare riguardo ai nostri simili. Inoltre, sono addestrati a trovare soluzioni plausibili a problemi che a prima vista potrebbero sembrare impossibili da risolvere». Lown ha anche esortato l’umanità a lavorare insieme, indipendentemente dalle rispettive nazionalità, per trovare un percorso di pace, descrivendolo come “una ricetta per la speranza“[4] .
Credo che le qualità descritte dal dottor Lown e osservate nei medici che hanno svolto un ruolo importante nel promuovere lo slancio verso la fine della Guerra fredda siano proprio quelle che devono essere impiegate per ottenere una svolta nella crisi attuale.
A marzo, dopo il loro incontro al summit, i leader di Russia e Cina hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che afferma: «Le due parti chiedono di evitare tutte le mosse che possano portare a tensioni e al protrarsi dei combattimenti, per evitare che la crisi peggiori o addirittura vada fuori controllo» [5] , in linea con la risoluzione adottata dalla sessione speciale d’emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
L’interno del Genbaku Dome di Hiroshima
Il vertice del G7 di Hiroshima dovrebbe fornire una “ricetta per la speranza” lavorando per l’immediata cessazione degli attacchi contro obiettivi civili e sviluppando piani concreti per i negoziati che porteranno al termine delle ostilità.
Oltre a lavorare per una rapida risoluzione della crisi ucraina, esorto il G7 a impegnarsi in occasione del vertice di Hiroshima per assumere un ruolo guida nelle discussioni sull’impegno di non primo uso delle armi nucleari. La crisi attuale si caratterizza per una persistenza della minaccia e della paura di uso effettivo delle armi nucleari mai raggiunta finora.
Gli ultimi anni hanno visto la scadenza dell’Intermediate-Range Nuclear Forces (Trattato sull’eliminazione delle armi nucleari a medio raggio, INF) e il ritiro sia degli Stati Uniti sia della Russia dall’Open Skies Treaty (Trattato sui cieli aperti), che mirava a rafforzare la fiducia tra gli Stati aderenti.
La crisi ucraina ha acuito ulteriormente le tensioni e a febbraio la Russia ha annunciato la sospensione della sua adesione al New START (Trattato per la riduzione delle armi strategiche) mentre gli Stati Uniti hanno interrotto la condivisione con la Russia dei dati sulle forze nucleari. Se il New START dovesse saltare, si rischierebbe la perdita completa degli accordi – a cominciare dalla firma del Trattato sui missili antibalistici (ABM) e dei Colloqui sulla limitazione delle armi strategiche (SALT I) nel 1972 – progettati per garantire trasparenza e prevedibilità in merito agli arsenali nucleari dei due paesi.
Sin dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, gli hibakusha di quelle città, in collaborazione con il più ampio movimento della società civile, hanno evidenziato la natura disumana delle armi nucleari; gli Stati non dotati di armi nucleari si sono impegnati in continui sforzi diplomatici, e quelli che possiedono armi nucleari hanno esercitato l’autolimitazione. Di conseguenza, il mondo è riuscito in qualche modo a mantenere un record di settantasette anni di mancato utilizzo di armi nucleari.
Se l’opinione pubblica internazionale e il tabù contro l’uso delle armi nucleari dovessero fallire nello svolgere la loro funzione frenante, la politica di deterrenza nucleare – fondata sulla convinzione che le armi nucleari degli altri paesi rappresentino un pericolo mentre le proprie rappresentino la base della sicurezza – costringerà l’umanità a stare sull’orlo di un precipizio, senza mai sapere quando potrebbe cedere.
Su questa base, nel gennaio 2022, un mese prima dello scoppio della crisi ucraina, ho suggerito con forza che, quando il Giappone avrebbe ospitato il vertice del G7 nel 2023, si organizzasse una riunione ad alto livello sulla riduzione del ruolo delle armi nucleari per creare condizioni favorevoli a stabilire il principio del Non uso integrale.
La scelta, ho affermato, era tra far scadere il New START, l’ultima misura ancora in vigore in risposta agli impegni di disarmo del Trattato di non proliferazione nucleare (NPT), causando così la continua espansione degli arsenali nucleari e la minaccia del loro uso, o cristallizzare il peso storico di oltre settantasette anni di non utilizzo delle armi nucleari in un mutuo impegno di Non primo uso tra gli Stati dotati di armi nucleari, rendendo questo il punto cruciale degli sforzi per ricostruire il regime del Trattato di non proliferazione su un terreno nuovo e più solido.
Dall’inizio della crisi ucraina, ho scritto due dichiarazioni pubbliche [6] in cui ho fatto riferimento alla dichiarazione congiunta dei cinque Stati dotati di armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina) del gennaio 2022, nella quale si ribadiva il principio secondo cui “una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta” chiedendo che quella dichiarazione congiunta serva da base per ridurre il rischio dell’uso di armi nucleari.
Di notevole importanza è anche la consapevolezza condivisa espressa nella dichiarazione rilasciata dal gruppo del G20 in Indonesia lo scorso novembre, che affermava: “L’uso o la minaccia di uso di armi nucleari è inammissibile” [7].
I paesi membri del G20 includono i cinque Stati possessori di armi nucleari così come l’India, dotata anch’essa di armi nucleari. Ne fanno parte inoltre Germania, Italia, Canada, Giappone, Australia e Corea del Sud, le cui politiche di sicurezza dipendono tutte dalle armi nucleari. È profondamente significativo che questi paesi abbiano ufficialmente espresso il loro riconoscimento condiviso che l’uso o la minaccia di uso di armi nucleari sia inammissibile, in linea con lo spirito che anima il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) entrato in vigore nel 2021.
La dichiarazione dei leader del G20 ha anche sottolineato che “quella di oggi non deve essere un’era di guerra” [8] . È fondamentale che da Hiroshima questi due messaggi siano comunicati con forza al mondo intero.
Mentre i leader del G7 rivedono le conseguenze reali che avrebbe la detonazione di un’arma nucleare e le amare lezioni lasciateci dall’era nucleare, li esorto ad avviare serie riflessioni per assumere l’impegno del Non primo uso, affinché il loro comune riconoscimento della natura inammissibile delle armi nucleari possa trovare espressione in un cambiamento delle politiche.
Le origini del G7 risalgono dal Summit Rambouillet tenutosi a Parigi nel 1975 durante la Guerra fredda, a cui parteciparono i leader dei sei Paesi. Anche la Soka Gakkai Internazionale (SGI) è stata fondata nel 1975 e, prendendo a cuore la Dichiarazione contro le armi nucleari del secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda che aveva rilasciato 18 anni prima come le sue istruzioni finali ai per i suoi successori, nel corso di quell’anno ho visitato tutti e cinque gli Stati possessori di armi nucleari per dialogare con i leader e i pensatori di spicco riguardo le strade da intraprendere per costruire la pace globale.
A seguito dei miei viaggi in questi Paesi, il 9 novembre di quell’anno tenni un discorso a Hiroshima dove sottolineai il bisogno urgente da parte degli Stati possessori di armi nucleari di fare dichiarazioni di Non primo uso e di estendere garanzie di sicurezza negative, ossia la garanzia di non usare mai armi nucleari contro Stati che non le possiedono. Attirai l’attenzione sul fatto che questi passi fossero da considerarsi una questione di massima priorità per realizzare l’abolizione delle armi nucleari.
I miei pensieri erano rivolti al successivo Summit dei principali sei Paesi che si sarebbe tenuto in Francia mentre esortavo all’organizzazione di una conferenza internazionale per la pace a Hiroshima come il primo passo verso l’abolizione delle armi nucleari. La ragione fondamentale di questa mia proposta era basata sulla ferma convinzione che questi incontri di alto livello, dove si antepongono gli interessi dei soli Paesi coinvolti e della loro sicurezza nazionale, siano privi di significato a meno che non vengano reindirizzati e utilizzati con l’obiettivo di discutere la strada verso l’abolizione delle armi nucleari, dalla quale dipende il destino di tutta l’umanità.
La mia convinzione rimane immutata ancora oggi, e sono queste le aspettative che ripongo nel prossimo Summit di Hiroshima.
L’umanità si è avvicinata all’orlo di una guerra nucleare in molte occasioni, la più drammatica durante la crisi dei missili di Cuba. Mai come oggi vi è stata maggior necessità di dichiarare e stabilire politiche sul Non primo uso dato che il tabù contro l’uso delle armi nucleari è stato corroso dagli Stati possessori di armi nucleari e gli accordi sulla gestione e la riduzione degli arsenali nucleari sono quasi al collasso.
Qual è la natura della sicurezza ricercata dalla maggioranza dell’umanità?
In un resoconto rilasciato settimane prima della crisi ucraina, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) ha riportato che la maggior parte delle persone nel mondo non si sente al sicuro.
Lo scenario di questo risultato è la percezione che la sicurezza umana, che riguarda “il diritto delle persone di vivere in libertà e dignità, libere dalla povertà e dalla disperazione” [9] , è stata messa in pericolo. Questi sono sentimenti condivisi da più dell’85% delle persone coinvolte nel report persino parecchi anni prima della pandemia da Covid-19.
È innegabile che gli impatti della crisi ucraina hanno ulteriormente aggravato questo senso di insicurezza.
Nell’introduzione al resoconto dell’UNPD, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres esprime la preoccupazione che “l’umanità sta rendendo il mondo un luogo insicuro e precario” [10] .
A mio parere, il motivo essenziale di ciò è che la minaccia delle armi nucleari è diventata inestricabilmente parte del modo in cui è stato strutturato il mondo.
È esplicativo il confronto con gli sforzi portati avanti per combattere il riscaldamento globale. Nonostante la dura realtà della crisi, riconoscendo che la questione sia una priorità che riguarda tutta l’umanità, ogni anno si tengono Conferenze delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, costruendo costantemente un consenso e una solidarietà globale che possa rafforzarne le risposte.
Riguardo alla questione delle armi nucleari, tuttavia, sebbene vi siano voci a favore del disarmo, gli Stati che possiedono armi nucleari e gli Stati a da loro dipendenti sostengono regolarmente che, a causa della gravosa realtà riguardo alla loro sicurezza, le condizioni per il progresso non siano ancora mature.
Se si raggiungesse un consenso riguardo al principio di Non primo uso, che è stato a un certo punto incluso nella bozza per la dichiarazione finale della Conferenza di revisione dell’NPT, ciò fornirebbe una base su cui gli Stati potrebbero trasformare insieme le critiche condizioni di sicurezza in cui si trovano. Credo sia cruciale attuare un cambiamento verso un paradigma di sicurezza comune, congruente con lo spirito delle parole “Viviamo insieme, non moriamo insieme” che ha sostenuto gli sforzi di cooperazione tra i governi per combattere il cambiamento climatico e far fronte alle conseguenze della pandemia.
Impegnarsi nelle politiche di Non primo uso è davvero una “ricetta per la speranza”. Può servire come asse che collega le due ruote gemelle dell’NPT e del TPNW, accelerando la realizzazione di un mondo libero da armi nucleari.
Da parte nostra, la SGI ha continuato a lavorare con gli hibakusha di tutto il mondo, con ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari) – che nasce dall’organizzazione del IPPNW – e altre organizzazioni, prima per l’adozione e adesso per l’universalizzazione del TPNW. Come membri della società civile ci impegniamo a promuovere una celere adozione delle politiche del Non primo uso delle armi nucleari, dando uno slancio tale da trasformare questa epoca.
Qui mi riaffiora alla mente la riflessione del dottor Lown sul significato del 1989. Fu l’anno in cui cadde il muro di Berlino e in cui i leader di Stati Uniti e Unione Sovietica dichiararono la fine della Guerra fredda. Quando più di tremila scienziati dall’Est e dall’Ovest si riunirono per il Congresso mondiale dell’IPPNW a Hiroshima quell’anno, lo slogan era “No More Hiroshimas: An Eternal Commitment” (Mai più Hiroshima: una promessa eterna). Fu un anno, affermò, che dovrebbe essere celebrato per aver dato prova del potere delle persone comuni, che può apparire inizialmente inefficace ma che può e ha già cambiato e può continuare a cambiare il corso della storia.
Si dice che più buia è la notte, più vicina è l’alba, e la fine della Guerra fredda ha dimostrato quanto sia potente la forza delle persone che rifiutano di essere sconfitte e si uniscono in una rete di solidarietà.
Oggi, in un clima politico che alcuni chiamano persino “una nuova guerra fredda”, è mio forte desiderio che al summit del G7 a Hiroshima siano intrapresi dibattiti costruttivi che presentino una ricetta per la speranza. Vorrei anche dichiarare: «Adesso è il momento! Cambiamo ancora una volta il corso della storia tramite il potere delle persone, aprendo la strada verso un mondo libero da armi nucleari, un mondo libero dalla guerra».
Peace Memorial Museum di Hiroshima
Note
[1] Comunicato congiunto dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti sul summit di Ginevra) ultimo accesso 27 aprile 2023, https://www.reaganlibrary.gov/archives/speech/joint-soviet-united-states-statement-summit-meetinggeneva.
[2] Dichiarazione del Direttore generale al Consiglio di amministrazione, https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/director-general-statement-to-the-board-of-governors-9-march-2023
[3] Principi della Carta delle Nazioni Unite alla base per una giusta, totale e duratura pace in Ucraina), https://undocs.org/A/ES-11/L.7.
[4] Discorso al ricevimento del premio Nobel per la pace dell’International Physicians for the Prevention of Nuclear War, The Nobel Prize, https://www.nobelprize.org/prizes/peace/1985/physicians/lecture/.
[5] Il presidente Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin firmano la dichiarazione congiunta della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa sull’approfondimento della partnership strategica di coordinamento per la nuova era e sulla risoluzione della crisi ucraina attraverso il dialogo, https://www.fmprc.gov.cn/eng/zxxx_662805/202303/t20230322_11046088.html.
[6] Daisaku Ikeda, “Dichiarazione di Daisaku Ikeda per la Conferenza di revisione del NPT 2022” 26 luglio 2022, ultimo accesso 27 aprile 2023, https://senzatomica.it/dichiarazioni-onu/dichiarazione-di-daisaku-ikeda-per-la-conferenza-di-revisione-del-npt-2022/.
[6] Daisaku Ikeda, “Dichiarazione di Daisaku Ikeda sulla crisi ucraina e sul principio di “Non Primo Uso” delle armi nucleari,” 11 gennaio 2023, ultimo accesso 27 aprile 2023, https://senzatomica.it/scritti-ikeda/dichiarazione-di-daisaku-ikeda-sulla-crisi-ucraina-e-sul-principio-di-non-primo-uso-delle-armi-nucleari/.
[7] Dichiarazione dei leader del G20 a Bali, Indonesia, 15-16 novembre 2022, https://www.g20.org/content/dam/gtwenty/gtwenty_new/about_g20/previous-summit-documents/2022-bali/G20%20Bali%20Leaders%27%20Declaration,%2015-16%20November%202022.pdf
[8] Ibidem.
[9] Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 10 settembre 2012, https://www.un.org/humansecurity/wp-content/uploads/2022/06/N1147622.pdf
[10] Nuove minacce alla sicurezza umana nell’Antropocene, UNDP, iii, https://hdr.undp.org/system/files/documents/srhs2022pdf.pdf