Dal 1945 ad oggi, sono stati condotti 2.056 test nucleari in più di 60 siti in tutto il mondo.
I test nucleari sono esplosioni a tutti gli effetti di armi nucleari, condotte al fine di sperimentare il funzionamento degli ordigni sviluppati. Dalla fine della Seconda guerra mondiale e con l’inizio della Guerra Fredda gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica furono i primi a lanciarsi in una corsa all’ampliamento dei propri arsenali nucleari, avviando programmi di produzione e sviluppo volti a costruire, sperimentare e detenere armi nucleari con capacità distruttive sempre maggiori. Ad essi si sono uniti Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan e più recentemente Corea del Nord. Tutti questi Stati hanno fatto esplodere più di 2.000 armi nucleari in superficie, in atmosfera, sottoterra e sott’acqua nel corso di diversi decenni in diverse regioni del mondo[1]. I soli 528 test atmosferici hanno avuto una forza distruttiva pari a 29.000 bombe di Hiroshima[2].
Sebbene si considerino generalmente Hiroshima e Nagasaki come gli unici luoghi ad aver subito le conseguenze delle armi nucleari, è importante sottolineare che tanti altri luoghi e popolazioni ne hanno subito gli effetti a causa dei test nucleari, avvenuti spesso su terre colonizzate e abitate da comunità indigene. I test si sono distribuiti principalmente sui territori di 15 nazioni: Algeria, Australia, Cina, Corea del Nord, India, Isole Marshall, Kazakistan, Kiribati, Pakistan, Polinesia Francese, Russia, Stati Uniti, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan.
A questo proposito, è utile ricordare che nella categorizzazione degli hibakusha, termine che inizialmente indicava le sole persone colpite dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e le generazioni successive, rientrano anche tutte le persone colpite dai test nucleari.
Recentemente la Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN) ha lanciato il sito www.nucleartestimpacts.org in cui è possibile vedere dove sono stati compiuti i test e leggere le storie delle persone colpite da questi.
Le conseguenze dei test nucleari
I test nucleari hanno esposto un numero difficilmente quantificabile di persone alle radiazioni emesse durante le esplosioni nucleari. Gli scienziati hanno previsto che 2,4 milioni di persone moriranno di tumore a causa dei test nucleari atmosferici condotti tra il 1945 e il 1980[3].
Ciò è dovuto al fatto che i test sono stati condotti in luoghi isolati ma non sufficientemente lontani dai centri popolati e talvolta senza avvertire preventivamente le popolazioni. Questo fatto ha reso molto difficile alle persone che hanno sviluppato malattie a seguito dell’esposizione alle radiazioni ricevere adeguati risarcimenti e sussidi per l’assistenza sanitaria.A causa della diffusione delle particelle radioattive, che sono disperse dai venti e ricadono a terra con la pioggia, interi ecosistemi sono stati contaminati e intere comunità sono state colpite, sviluppando gravi malattie quali leucemie, tumori e malformazioni nei nuovi nati, nonché patologie genetiche.
A questo proposito, durante uno dei peggiori disastri nella storia dei test nucleari – il test Castle Bravo del 1954, condotto dagli Stati Uniti nell’Atollo di Bikini – il materiale radioattivo si è disperso per migliaia di chilometri, causando malattie sia agli abitanti delle Isole Marshall che ai pescatori giapponesi che lavoravano in quell’area.
Le conseguenze dei test nucleari sulla vita delle persone non riguardano unicamente l’impatto sulla loro salute fisica, ma anche il fatto che sono state costrette ad abbandonare la loro terra natale, gravemente compromessa dalla contaminazione radioattiva. In alcuni casi, alle comunità locali fu chiesto di lasciare preventivamente le proprie case per condurre i test nucleari proprio nelle loro prossimità o per la costruzione di siti estrattivi di materiali come l’uranio[4].
Questo fatto, benché meno considerato, ha invece avuto un grave impatto psicologico, che può essere spiegato attraverso il concetto di sicurezza ontologica[5].
Essa è intesa “come sicurezza dell’essere dell’individuo, la certezza della propria esistenza”, che “consente agli individui di fare affidamento sul fatto che le cose – le altre persone, gli oggetti, i luoghi, i significati – rimangano, in linea di massima, un domani, le stesse di ieri e di oggi. In termini di ambiente, garantisce un luogo sicuro che protegge dall’incertezza e al quale si può tornare senza preoccupazioni”[6], tutti aspetti che sono stati negati, in modo piuttosto violento, alle popolazioni di molte comunità indigene in tutto il mondo. Non va infatti dimenticato “il significato speciale del legame che i membri di queste comunità avvertono con la loro terra”, per cui “perderla equivale a una perdita sostanziale di identità”[7].
I trattati per la messa al bando dei test nucleari
Al fine di monitorare la sperimentazione di armi nucleari, nel corso degli anni è stato costituito un organismo di monitoraggio internazionale, l’International Monitoring System (IMS) che, attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia garantisce che nessuna esplosione nucleare possa passare inosservata, fornendo un flusso costante di dati in tempo reale.
Il sistema ha già dimostrato la sua efficacia, rilevando tutti e sei i test nucleari dichiarati dalla Corea del Nord[8] tra il 2006 e il 2017.
A seguito della pressione internazionale creata da governi e società civile, nel 1996 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty, CTBT). Il CTBT, naturale erede del Trattato di bando parziale dei test nucleari (PTBT) del 1962, che aveva permesso la sola conduzione di test sotterranei, proibisce i test nucleari in qualsiasi ambiente. Sebbene il CTBT non sia mai entrato in vigore per mancanza del numero minimo di ratifiche previsto dal trattato stesso, ha comunque contribuito a sviluppare un forte stigma a livello internazionale nei confronti dei test nucleari. La sola esistenza del CTBT ha fatto sì che nessuno degli Stati possessori di armi nucleari abbia più condotto test nucleari – fatta eccezione per la Corea del Nord, unico paese a condurli attivamente nel XXI secolo – dimostrando come tali strumenti legali siano funzionali alle tappe che conducono a un mondo libero da armi nucleari.
È invece notizia recente il fatto che il governo russo, a novembre 2023, abbia approvato la sospensione alla ratifica di tale Trattato. Questo fatto non comporta un ritiro totale del paese, che continua a rimanere Stato firmatario, ma adegua piuttosto la sua posizione a quella di Cina e Stati Uniti.
Grazie all’adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e all’entrata in vigore del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) ora queste armi sono dichiarate ufficialmente illegali in base al diritto internazionale. Il TPNW è l’unico strumento internazionale in vigore che non solo vieta agli Stati Parti tutte le attività relative alle armi nucleari (sviluppo, produzione, sperimentazione, trasferimento, possesso, uso e minaccia d’uso) ma li obbliga anche a fornire assistenza a tutte le vittime dell’uso e dei test delle armi nucleari (hibakusha) e ad adottare misure per il risanamento degli ambienti contaminati. Grazie alla ratifica di questo Trattato, sono sempre di più gli Stati che stanno rendendo più concreto l’ideale di un futuro in cui sia protetto il diritto alla vita di tutte le persone e sia garantita la sopravvivenza delle generazioni future.