In questo delicato periodo storico, siamo quotidianamente “bombardati” da notizie riguardanti attacchi aerei, raid notturni, rivendicazioni, edifici colpiti, conteggio delle vittime ed in particolare dei bambini. Tutti questi aggiornamenti dai fronti di guerra, donano al lettore un profondo senso di impotenza e rassegnazione.
Le domande che ognuno di noi si pone sono sempre le stesse: esiste un modo per evitare l’escalation del conflitto che porta alla guerra? È possibile trasformare e risolvere i conflitti? Data la complessità dell’attuale situazione mondiale, approfondire le teorie dei più grandi pensatori degli studi sul tema della pace, può sicuramente fornire degli adeguati strumenti di riflessione.
La visione comune della guerra si fonda sulla dicotomia vittoria-sconfitta e dunque non cerca o prevede altre soluzioni. Date queste premesse, riconoscere il conflitto come un fenomeno complesso — che può essere analizzato e compreso a fondo — rappresenta un cambio di paradigma significativo: da ostacolo, il conflitto può diventare un’occasione di cambiamento e crescita.
Questo approccio interculturale per la trasformazione dei conflitti richiede anzitutto un cambiamento culturale nel modo in cui percepiamo e gestiamo i disaccordi, spostando l’attenzione dalla semplice risoluzione alla comprensione e alla trasformazione. Un meccanismo al quale il fondatore dei Peace Studies Johan Galtung (1930-2024) ha dedicato tutta la sua longeva vita.
Nato a Oslo nel 1930, Johan Galtung, figlio di medici, matematico e sociologo di formazione, è stato un pioniere degli studi sulla pace riconosciuti in tutto il mondo. Fondatore a livello accademico della Peace Research, della rete TRANSCEND International e rettore della TRANSCEND Peace University online, ha contribuito alla ricerca con circa 160 libri e 1600 articoli o brevi saggi.
Cresciuto in un periodo storico ostile – la Norvegia era invasa e occupata dai nazisti – Galtung si interroga già molto giovane su come poter offrire un’alternativa alla guerra. Il suo approccio interdisciplinare, i continui viaggi, gli incontri, permettono a questo “Picasso della Pace” – come venne soprannominato da Kenneth Boulding – di teorizzare, anche su più livelli, i temi legati al conflitto e alla violenza culturale, offrendo soluzioni diversificate a seconda della “diagnosi” del problema principale, poiché come ha sempre ribadito “la creatività è la chiave per trasformare il conflitto”.
Per via del suo approccio medico, matematico e telematico ai conflitti, J. Galtung viene anche ricordato dai più come “il matematico del conflitto” . La sua tesi più celebre, infatti, è il cosiddetto triangolo o “iceberg” del conflitto, formato dai tre vertici del triangolo denominati:
- = Attitudes / Attitudini
- = Beheaviour / Comportamenti
- = Contraddiction / Contraddizioni


Secondo questa particolare definizione, il conflitto è tale quando esistono tutti e tre i vertici. Per Galtung, proprio come un “iceberg”, l’unico vertice visibile è quello relativo alle posizioni e ai comportamenti dei soggetti (B).
Tuttavia, per poter davvero analizzare un conflitto, occorrerebbe immergersi nelle profondità degli abissi e studiare gli interessi, i bisogni, i valori culturali e le attitudini (A), oltre agli elementi di incompatibilità e le contraddizioni (C) che causano il conflitto.


In conclusione, al fine di poter trasformare positivamente un conflitto, Galtung propone di mettere in pratica i tre vertici del triangolo della non-violenza.
Ciò significa che per individuare un possibile punto di svolta positivo, occorre pensare a soluzioni innovative e alternative (C = creatività), comprendendo, senza giudizio, le motivazioni, i valori e le posizioni dell’altro (A = empatia), senza interrompere le relazioni (B = dialogo e non-violenza).


Gli studi di Johan Galtung, hanno permesso di capire che non si deve prevenire il conflitto (che è fisiologico), bensì privarlo dell’elemento della violenza (la patologia), prevenendo l’aggressività che la scatena.
Nella lezione di Galtung, la creatività sta anche e soprattutto nel trovare le alternative che spesso, di fronte ad un conflitto, ci sfuggono o vengono annebbiate dalla nostra mente, dalla nostra voglia di prevalere sull’altro e di imporre le nostre idee. Immaginare una nuova soluzione, decidere di non percorrere sempre la stessa strada ma cambiare direzione, uscire “fuori dagli schemi”, credere che “There are alternatives!”, potrebbe davvero essere un’alternativa.
Con oltre 60 anni di esperienza come studioso di peace research e come mediatore, Galtung ci ha “lasciato” una grandissima mole di scritti. In particolare, in un lavoro del 2008, presenta ben cento casi di studio, nei quali egli applica il metodo Trascend.
Oltre ad essersi specializzato nella mediazione internazionale, Galtung ha esteso il suo metodo di mediazione anche ad altri livelli, come descrive in un altro lavoro del 2008, in cui presenta in singoli capitoli, scanditi secondo ciascuno dei sette giorni della settimana, situazioni di conflitto che spaziano dal micro al macro, al giga, affrontate seguendo la sua metodologia. Ne risulta uno strumento prezioso di approfondimento ed esercizio per tutti/e coloro che vogliano cimentarsi con la mediazione.