Trattato di Non Proliferazione

16/02/2011

«Mentre i governi si riuniscono per discutere come affrontare molte delle sfide che stanno di fronte all’umanità, persiste una totale mancanza di strategia comune nell’affrontare quello che è probabilmente il maggior pericolo in assoluto: le armi nucleari. È come se ci fossimo addormentati ai comandi di un aereo che procede a grande velocità. Se non ci sveglieremo e riprenderemo presto in mano i controlli, l’esito è fin troppo prevedibile. Un aereo può rimanere in volo solo se ambedue le ali funzionano correttamente. Non possiamo scegliere tra non-proliferazione e disarmo. Dobbiamo affrontare ambedue gli impegni con l’urgenza che l’importanza della sfida esige»

(Kofi Annan ex Segretario Generale delle Nazioni Unite; discorso tenuto il 22 novembre 2006)

Negli anni Sessanta, in seguito ai test nucleari di USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina (che si sarebbero poi ufficialmente definiti come i soli “stati nucleari”) ci si rese conto del grave pericolo che si sarebbe corso se le armi nucleari fossero finite nelle mani di terroristi o di stati belligeranti. Così il primo luglio 1968 è stato sottoscritto da 187 Stati appartenenti all’ONU il Trattato di Non Proliferazione (TNP), entrato in vigore il 5 marzo 1970. 

Il TNP vieta agli stati “nucleari” firmatari (e che coincidono con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU) di cedere  tecnologie o materiali utilizzabili per costruire armamenti nucleari (Articolo I); proibisce ovviamente, agli stati non nucleari firmatari, (dei quali l’Italia fa parte),  di ricevere tali materiali o tecnologie e il loro controllo diretto o indiretto (Articolo II). 

Il TNP stabilisce che qualsiasi trasferimento di materiale o tecnologie nucleari deve avvenire esclusivamente per scopi pacifici e sotto lo stretto controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).

Nel trattato si dichiara l’intenzione di prendere misure efficaci per il disarmo per uscire da una logica di conflitto e insicurezza, rafforzando la fiducia tra gli Stati.

L’articolo VIII stabilisce che ogni cinque anni gli stati firmatari si riuniscano nelle cosiddette “Conferenze di Riesame” (Review Conferences) per esaminare il funzionamento del Trattato e per controllare che cosa è stato realizzato e per decidere come proseguire al fine di raggiungere i suoi obiettivi.

In questi anni si sono tenute diverse Conferenze di Riesame, nelle quali sono stati fatti passi avanti, per esempio la realizzazione effettiva di Zone Libere da Armi Nucleari (NWFZ), previste dall’articolo  VII, e il “Trattato per il Bando Totale degli Esperimenti Nucleari” (CTBT), ma si è anche venuta a evidenziare l’asimmetria tra i Paesi “non nucleari” e le potenze nucleari, accusate di non avere una reale intenzione di smantellare i propri arsenali. 

Nonostante questa spaccatura, alla conferenza del 1995, gli stati “nucleari” riconobbero che l’obiettivo finale del trattato è il disarmo totale e si impegnarono a rispettare le zone denuclearizzate e a realizzare entro il 1996 il Trattato per il Bando Totale degli Esperimenti Nucleari (CTBT). 

Inoltre il TNP fu prorogato a tempo indeterminato, a dimostrazione della volontà dei Paesi aderenti di non perpetuare l’idea che possedere armi nucleari sia garanzia di sicurezza e del loro proposito di porsi in rapporti di reciproca fiducia.

Grazie al percorso iniziato con il Trattato di Non Proliferazione oggi si comincia a cambiare opinione sul possesso delle armi nucleari, prima considerate indice di prestigio e potenza. Questo cambiamento di prospettiva si è concretizzato nel discorso del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama tenuto a Praga nel 2009, quando ha proposto l’idea di un mondo senza armi nucleari.

L’obiettivo è ancora lontano, ma non irraggiungibile.