Dopo la tragedia di Hiroshima e Nagasaki, si fece strada tra alcuni degli scienziati prestati al militare la coscienza delle loro responsabilità civili. Furono molte le iniziative pacifiste che trasformarono semplici uomini di scienza in attivisti politici. Nell’agosto del 1945, nacque in modo spontaneo il movimento degli scienziati atomici tra i fisici che avevano partecipato al Progetto Manhattan. Ciò che spaventava molti scienziati è che il governo americano volesse mantenere il monopolio militare sulla conoscenza e sulla tecnologia nucleare. Il timore si concretizzò con un disegno di legge, il cosiddetto Johnson-May Bill, che istituì una commissione con pieni poteri sulla ricerca militare. Chi avesse violato le regole di sicurezza rischiava una multa di 100mila dollari e 10 anni di carcere. Chi avesse trasmesso informazioni al fine di danneggiare gli interessi americani rischiava 300mila dollari di multa e 30 anni di carcere.
Così, “uomini e donne provenienti da tutti i maggiori laboratori del Progetto Manhattan” si ritrovarono il 31 ottobre 1945 per fondare un’organizzazione nazionale: la Federazione degli scienziati atomici. Sono tutti giovanissimi, in genere non superano i 35 anni, molti non arrivano a 30. Obiettivo: bloccare l’approvazione del Johnson-May Bill e impedire la corsa agli armamenti atomici quindi porre l’energia atomica sotto il controllo internazionale.
Nel giro di qualche settimana, la Federazione ottenne la prima vittoria: il Johnson-May Bill venne bocciato al Congresso. Il neonato movimento però si rese conto che il peso delle battaglie sarebbe stato minimo se non fosse stata coinvolta l’opinione pubblica. Come scrive Robert Jungk, agli scienziati interessa “il fatto di illuminare gli altri uomini sulla mostruosità della nuova arma”. Nei primi mesi del 1946, Leo Szilard (che era stato uno degl’ispiratori del Progetto Manhattan), Harold Hurey, Hans Bethe e altri fondarono l’Emergency Commitee of Atomic Scietist (Ecas) e ne affidarono la presidenza ad Albert Einstein, con lo scopo di rendere noti al grande pubblico i problemi dell’energia atomica, di assicurare il controllo della stessa all’autorità civile e di promuovere accordi internazionali. «Comunicare ai cittadini non esperti — scrive Einstein — è il nuovo dovere prioritario. Noi scienziati riconosciamo di avere la responsabilità, cui non possiamo sottrarci, di fornire ai nostri concittadini la comprensione dei fatti semplici relativi all’energia atomica e alle sue implicazioni per la società. In ciò risiede la nostra unica sicurezza e la nostra unica speranza: noi crediamo che un cittadino informato agirà per la vita e non per la morte». A questo proposito il 22 gennaio 1947, Einstein (8 anni dopo aver scritto la famosa lettera a Roosevelt in cui giustificava, a coloro che ne ignoravano i veri scopi, la partenza del progetto per la costruzione della bomba) impugnò di nuovo la penna ma questa volta con tutt’altro intento: scrivere all’uomo comune, per ricordargli che lo spirito uscito dalla bottiglia con il nucleare ha una potenza enorme e che contro questo spirito non c’è difesa possibile se non la “vigile comprensione” e la mobilitazione di tutti i cittadini del mondo. «Il potere dello spirito umano è più forte delle armi nucleari» è il titolo di una lettera che parafrasa un motto di Gandhi, di cui Einstein era un profondo ammiratore.
“Caro amico,
ti scrivo per avere il tuo consiglio. Con la liberazione dell’energia atomica, la nostra generazione ha portato nel mondo la forza più rivoluzionaria dopo la scoperta del fuoco da parte dell’uomo preistorico. La forza fondamentale dell’universo non può essere in alcun modo adattata al concetto ormai superato dei ristretti nazionalismi. Contro di lei non c’è segreto e non c’è difesa; non c’è possibilità di controllo se non attraverso la vigile comprensione e l’insistenza dei cittadini di tutto il mondo.
Noi scienziati riconosciamo di avere la responsabilità, cui non possiamo sottrarci, di fornire ai nostri concittadini la comprensione dei fatti semplici relativi all’energia atomica e alle sue implicazioni per la società. In ciò risiede la nostra unica sicurezza e la nostra unica speranza – noi crediamo che un cittadino informato agirà per la vita e non per la morte.
Abbiamo bisogno di 1.000.000 di $ per questo grande sforzo educativo. Sostenuti dalla fiducia nella capacità dell’uomo di controllare il suo destino con l’esercizio della ragione, abbiamo solennemente impegnato tutta la nostra forza e tutta la nostra conoscenza in questa attività. Io non esito a chiederti di aiutarci.
Sinceramente tuo, A. Einstein”