Hibakusha letteralmente significa “coloro che sono stati colpiti dal bombardamento”. Sono le persone che scamparono alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki e che furono colpiti in modo più o meno grave dalle radiazioni.
«In questa nostra epoca di armamenti nucleari […] in cui viene rivolta maggiore attenzione al loro potenziale distruttivo piuttosto che all’infelicità che provocano, e in cui le attività dell’uomo tendono sempre più alla loro rapida proliferazione, cos’è che noi giapponesi dobbiamo […] o meglio, cos’è che io stesso, come singolo individuo, devo continuare a ricordare?» (K. Oe, Note su Hiroshima, Alet Edizioni, Padova 2008).
Cosa vuol dire scampare alla bomba atomica?
In alcuni casi ha voluto dire ritrovarsi senza famiglia, perché tutti i parenti non sono sopravvissuti all’esplosione o alle radiazioni nucleari, vuol dire vivere il dramma di un’esistenza trascorsa in solitudine. Questo è stato il destino di molte persone anziane che hanno spesso raccontato di un “capovolgimento dell’età della morte”. Oe racconta: «Nello sguardo di quanti esprimono questo lamento percepisco non tanto sofferenza o sdegno, quanto piuttosto una sorta di vergogna…» (Ibidem, p. 101).
Per molte giovani donne invece ha voluto dire passare la vita a nascondersi a causa del volto sfigurato dai cheloidi, sprecando la giovinezza nel buio della vergogna e della disperazione del loro ritiro. Oppure, dopo aver avuto la forza di portare a termine una gravidanza, chiedere di vedere il proprio figlio nato morto, e sentirsi rispondere “no” perché c’era in atto un provvedimento dell’ospedale che impediva alle madri di vedere i figli nati morti e deformi. Oe commenta: «È necessario fissare dei limiti a quanto i nostri occhi possano guardare affinché noi stessi possiamo restare umani» (Ibidem, p. 93). Ma per una giovane madre persino un bambino morto e deforme avrebbe rappresentato un possibile appiglio nel tentativo di guadagnare forza e cercare di andare avanti…
Sopravvivere vuol dire anche passare la vita uscendo ed entrando dall’ospedale della bomba atomica di Hiroshima con sintomi più o meno gravi, ma sempre con qualche effetto riconducibile alle radiazioni nucleari. Molti abitanti di Hiroshima e Nagasaki vivevano infatti nel terrore di manifestare gli effetti della bomba. Molti si suicidarono in seguito alla diagnosi di una “malattia nucleare”, o alla solitudine provocata dalla malattia. Altri hanno vissuto la loro vita affetti da nevrosi.
Alcune donne però trovarono il coraggio di innamorarsi, di portare a termine gravidanze e a volte di far nascere figli sani con la speranza che potessero vivere una vita normale.
Che effetto può avere per gli hibakusha e per la gente delle città colpite dal dramma della bomba atomica sentire che paesi come la Cina, loro vicino di casa, si sono armati, e sentire che continuamente altri paesi ricorrono agli armamenti?
Hiroshima e Nagasaki vengono sempre ricordate perché sono le città in cui la forza della bomba atomica è stata dimostrata in tutta la sua potenza distruttrice «e non certo perché vi dimorano migliaia e migliaia di hibakusha sofferenti» (Ibidem, p. 75).