Siamo tutti sulla stessa nave
03/11/2013
“Anche negli anni ’70 si pensava che abbattere il muro di Berlino fosse impossibile”. Vi proponiamo l’intervista a Sergio Duarte, ex Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo.
Sergio de Queiroz Duarte è stato Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo dal 2007 al 2012. Ha ricoperto il ruolo di Ambasciatore del Brasile in diversi paesi. In Italia è stato Terzo Segretario dal 1961 al 1963. Dal 2000 al 2002, è stato governatore per il Brasile al Consiglio dei governatori dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA) e, dal 1999 al 2000, Presidente del Consiglio dei Governatori dell’AIEA. Giusy Russo di Bologna, con la collaborazione di Andrea Ballanti, lo ha intervistato a New York sul tema del disarmo. L’incontro è avvenuto proprio mentre a Bologna si stava svolgendo la mostra “Senzatomica. Trasformare lo spirito umano per un mondo libero da armi nucleari” a Palazzo D’Accursio. |
Secondo lei perché c’è bisogno dell’impegno di tutti per l’abolizione delle armi nucleari?
Adesso le armi nucleari e le loro conseguenze sono molto più conosciute in tutto il mondo. Serve l’impegno di tutti per comprendere che non importa la ragione dello scoppio. Una bomba potrebbe essere fatta esplodere volontariamente da un paese su un altro, potrebbero esserci attacchi terroristici o addirittura potrebbe avvenire un incidente per errore. Non importa come scoppia un’arma nucleare, quello che conta sono le conseguenze che restano sempre le stesse. La gente è molto più consapevole oggi, grazie anche a campagne come “Senzatomica” e all’impegno, portato avanti da decenni, di altre istituzioni nel mondo che hanno cercato di sensibilizzare la cittadinanza non solo nei confronti di un ipotetico scoppio, ma anche sulla pericolosità del possesso delle armi nucleari. A questo punto il problema è come risolvere questa situazione di minaccia globale.
Qual è il rischio per il pianeta?
Il rischio è molto grande e naturalmente dipende da quanti megatoni scoppiano e da dove scoppiano. Ci sono studi di scienziati sull’inverno nucleare, che può avere conseguenze in molti paesi anche lontani e per niente collegati con le ragioni per le quali l’arma viene fatta esplodere. Poi c’è il problema anche delle radiazioni nucleari, che superano le frontiere.
A che punto siamo e perché ancora non c’è un trattato ufficiale per l’abolizione delle armi nucleari, per la loro messa al bando?
Ufficialmente non esiste un trattato perché i paesi che possiedono le armi nucleari sono nove in totale. Questi paesi si considerano i possessori “legali”, ma non lo sono, e naturalmente hanno creato una sorta di confederazione di sicurezza sull’arma nucleare. Si giustificano parlando del concetto di deterrenza, ovvero armarsi per evitare altri attacchi. Questo è però un argomento che ha molte debolezze. Se fosse vero che il possesso dell’arma nucleare è sinonimo di sicurezza per un paese, tutti dovrebbero averla. Secondo questo assurdo modo di pensare, tutti i paesi dovrebbero poter dare sicurezza ai loro cittadini ottenendo l’arma nucleare. Le ragioni della deterrenza non hanno un fondamento, ma a queste si aggiungono anche gli attacchi preventivi, per cui i possessori di armi nucleari possono decidere chi è il nemico. L’effetto è che siamo tutti sotto la minaccia nucleare. Oggi non siamo ancora arrivati alla firma di un trattato perché le nove potenze mondiali che detengono le armi nucleari non sono disposte a perdere quello che si pregiano di avere.
Cosa sta facendo l’Onu in merito? E quanto è importante l’impegno della Soka Gakkai Internazionale, come organizzazione non governativa dell’Onu e in qualità di promotrice di campagne di sensibilizzazione alla pace come Senzatomica, e delle altre organizzazioni dedite a questa causa?
La Carta delle Nazioni Unite non parla delle armi nucleari, perché è stata firmata una o due settimane prima dello scoppio del primo test, ma parla di armi di distruzione di massa. La prima Risoluzione dell’Assemblea Generale parla della necessità di mettere al bando le armi di distruzione di massa. Quindi l’Onu dal suo inizio ha la vocazione al disarmo nucleare. Durante questi settant’anni, parecchi trattati sono stati negoziati in seno alle Nazioni Unite, per evitare soprattutto la proliferazione nucleare e per evitare che un numero più grande di paesi disponga di un’arma nucleare. In verità i trattati esistenti parlano di disarmo, ma non obbligano i paesi che le possiedono a disarmarsi. Quindi ad oggi nessuna arma nucleare è stata mai distrutta come risultato di un trattato multilaterale. Le due principali potenze nucleari, Stati Uniti e Russia, che hanno il 95% delle diciottomila armi nucleari ancora esistenti nel mondo, dicono di aver stipulato trattati bilaterali per distruggere almeno parte dei loro armamenti, ma non si hanno notizie certe a riguardo perché questi paesi non forniscono tutti i risultati. Le Nazioni Unite hanno sempre lavorato per appoggiare tutte le iniziative di sensibilizzazione nei confronti del disarmo nucleare degli stati e delle organizzazioni della società civile, come la campagna Senzatomica e tante altre esistenti. Io stesso come Sottosegretario Generale per il Disarmo in seno alle Nazioni Unite, ho lavorato con molte di queste organizzazioni, appoggiando la loro azione. Le Nazioni Unite non sono indipendenti dai Paesi: questa organizzazione esiste per servire i suoi membri. Se un numero grande di questi membri volesse negoziare un trattato per mettere fuorilegge le armi nucleari, questo si farebbe. È una speranza che non possiamo sapere se e quando si realizzerà.
Lei pensa che nel 2015 si possa arrivare alla firma di un Trattato per la messa al bando?
Non mi sembra possibile, ma ci sono cose che sembravano impossibili e poi sono state fatte: il crollo del Muro di Berlino e i trattati che Stati Uniti e Russia avevano fra di loro per ridurre i loro arsenali. Ciò che negli anni ’70 e ’80 sembrava impossibile, poi è stato possibile. Dunque non direi che sia impossibile, ma mi sembra molto difficile. Nel 2015 ci sarà l’ottava conferenza di esamina del Trattato di Non Proliferazione, il quale non è molto efficiente, la parte riguardante il disarmo nucleare è piena di condizioni, di clausole che rendono molto difficile distinguere tra paesi che sono membri del Trattato, che non sono paesi nucleari, e paesi che non sono sotto l’ombrello nucleare, cioè che non hanno trattati di difesa con paesi nucleari. Molto è stato fatto e si sta lavorando per arrivare a un trattato che metta fuorilegge le armi nucleari. Bisogna avere sempre speranza, ma credo che il 2015 sia un po’ troppo vicino.
L’industria degli armamenti nucleari riceve ogni anno grossi finanziamenti dalle banche da ogni parte del mondo e anche in Italia questo avviene, come dimostrano le pubblicazioni fatte dalla campagna ICan. Cosa ne pensa e come si può intervenire per far sì che questo non accada?
Questo è il problema della società civile. Le banche possono investire dove vogliono. Solo che gli istituti investono i nostri soldi, dunque si possono fare campagne di sensibilizzazione su questo punto perché la gente esprima alle banche il desiderio che i propri soldi non vengano investiti in questo. Se la banca investe in armamenti, io posso decidere di togliere i miei soldi da questa banca e metterli in una che non investe. Questo è il potere degli azionisti, se molti lo facessero diventerebbe più efficace.
Il 22 Ottobre scorso è stata presentata, da parte della Nuova Zelanda e di altri 124 Paesi, all’Onu una dichiarazione congiunta che condanna le conseguenze degli effetti delle armi nucleari. Che tipo di effetti hanno azioni come queste, in termini di efficacia, e di sensibilizzazione dell’Onu, degli Stati membri al suo interno e dell’opinione pubblica in generale? E cosa ne pensa rispetto al fatto che, sebbene abbiano aderito più Paesi rispetto ad iniziative simili, ci siano comunque Stati, come l’Italia, che non hanno appoggiato e firmato questa dichiarazione?
L’anno scorso alla conferenza di preparazione per la conferenza del 2015, è stata fatta una dichiarazione importante da parte di circa ottanta paesi rispetto allo stesso argomento. Oggi ne abbiamo 125, quindi è stato fatto un passo in avanti verso il coinvolgimento di una porzione importante della comunità internazionale. Le conseguenze umanitarie si conoscono da molto tempo, ma recentemente durante la Conferenza TNP del 2010, per la prima volta, il documento finale ha riconosciuto che ci sono conseguenze catastrofiche – è questa la parola usata – riferite a qualsiasi uso di armi nucleari. Dunque il consenso è cresciuto. Tra i 25 e i 27 paesi hanno inoltre fatto una dichiarazione che è stata letta dalla Delegazione dell’Australia, che riconosce le conseguenze catastrofiche di un uso di un’arma nucleare, ma parla della necessità di sicurezza e della non proliferazione, non parla dell’eliminazione dell’arma nucleare. Questo ci fa vedere che anche paesi che non sono paesi nucleari e che dipendono dall’arma nucleare altrui sono sensibilizzati. Ancora una volta il lavoro delle organizzazioni civili è molto importante per far conoscere alla gente quello che accade qui alle Nazioni Unite. Tante volte siamo accusati di non far niente, ma ci sono tante cose che le Nazioni Unite fanno e che non sono conosciute; è importante che la gente sappia.
Le persone possono fare tante cose ma allo stesso tempo possono sentirsi impotenti. Quanto possono contribuire campagne come Senzatomica a comprendere che le armi atomiche non sono qualcosa lontano da noi e che riguardano sia potenze nucleari come gli Stati Uniti ma anche paesi come l’Italia che detiene queste armi per conto di altri? Quanto è importante andare a toccare i cuori delle persone rispetto al fatto che questo tema non è qualcosa che non ci interessa? Come la società civile può supportare l’Onu e il Dipartimento per gli Affari sul Disarmo?
Nel 1983 ero qui a New York con la delegazione del Brasile, il mio Paese, lavoravo per il Governo del Brasile, ora sono in pensione. In quell’anno quasi un milione di persone ha marciato dal palazzo dell’Onu fino a Central Park per dimostrare contro le armi nucleari. Questa è una cosa che si può fare. In quel momento c’era una ragione, i timori in Europa delle armi sovietiche, quelle a medio raggio. Per questo gli europei erano tutti preoccupati di essere l’obiettivo delle armi sovietiche. Adesso solo gli Stati Uniti e la Russia hanno armi che possono attraversare l’oceano, le armi strategiche. In quel momento le persone avevano paura, oggi non ci sono più manifestazioni così. I giapponesi ne fanno di più piccole; ogni anno qui alle Nazioni Unite ci sono persone che si riuniscono per manifestare contro le armi nucleari, ma saranno un centinaio. In tutto il mondo sono state firmate petizioni, quando ero alle Nazioni Unite ho ricevuto milioni e milioni di firme. Si possono far campagne di istruzione, dimostrando quali siano le vere conseguenze, che non sono solo umanitarie ma anche ambientali, per la politica, per l’economia, per il commercio internazionale. È un lavoro costante, difficile, di quelli che credono in quello che fanno e io ho una grande ammirazione per le istituzioni della società civile che si sono sempre dedicate a questo da molto tempo, da quando l’arma nucleare è scoppiata per la prima volta. Quei paesi che pensano di non essere coinvolti non hanno capito l’effetto di un eventuale guerra nucleare. Ad esempio i paesi nell’Equatore pensano che questo non li riguardi, ma non è vero perché siamo tutti sullo stesso pianeta, siamo tutti passeggeri di questa nave spaziale che chiamiamo terra. E per la sicurezza del nostro pianeta, per la continuità della vita, dobbiamo tutti insieme appoggiare queste campagne. La comunità internazionale ha potuto mettere al bando le armi convenzionali che hanno degli effetti indiscriminati e troppo crudeli, armi incendiarie, pallottole che scoppiano all’interno del corpo umano, mine antiuomo, cluster bombs, le armi batteriologiche e le armi chimiche, e queste ultime sono due tipi di armi di distruzione di massa. La terza categoria di arma di distruzione di massa è l’arma nucleare e io non posso pensare a un’arma che abbia effetti più crudeli e più indiscriminati dell’arma nucleare. Se abbiamo potuto mettere fuorilegge le armi chimiche e batteriologiche dobbiamo mettere fuorilegge anche l’arma più indiscriminata e più crudele che è l’arma nucleare.