Intervista a Beatrice Fihn, in occasione dell’entrata in vigore del TPNW
18/02/2021
Pubblicato sul Seikyo Shimbun del 22 gennaio 2021 a cura di Shuichi Minami
«La SGI ha svolto un ruolo centrale per creare una “marea crescente” in tutto il mondo. L’impegno dei suoi membri ad agire localmente costituisce un modello ideale»
In occasione dell’entrata in vigore del trattato internazionale per la proibizione delle armi nucleari, abbiamo intervistato Beatrice Fihn, Direttrice Esecutiva di ICAN.
Domanda: È finalmente giunto il momento in cui il trattato per l’abolizione delle armi nucleari entrerà in vigore. A cominciare da ICAN, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, la società civile ha apportato un grande contributo alla creazione di questo trattato.
Risposta: Abbiamo sempre lavorato a stretto contatto con i paesi che auspicavano la ratifica del trattato per la proibizione delle armi nucleari. Quando, il 24 ottobre dello scorso anno, dall’Honduras – il cinquantesimo paese a ratificare il trattato – è arrivata la notizia che il documento di ratifica era stato presentato e accettato dalle Nazioni Unite, ho provato una commozione profonda, indescrivibile.
C’è chi pensa che cinquanta ratifiche non siano ancora rilevanti rispetto alla totalità dei paesi del mondo, ma io ritengo che il fatto stesso che il trattato sia entrato in vigore abbia un significato molto profondo. In particolar modo, trovo estremamente significativo che sia stato raggiunto il numero di cinquanta paesi ratificanti, che ha determinato l’entrata in vigore del trattato, nell’anno in cui è stato commemorato il settantacinquesimo anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki (1945). Ho percepito che non solo era aumentata tra i governi di ogni paese la consapevolezza in merito alle armi nucleari, ma anche che era nato il desiderio di rispondere, attraverso la ratifica di questo trattato, all’appello degli hibakusha.
L’esistenza stessa degli hibakusha è una delle ragioni per cui continuiamo a portare avanti il nostro movimento.
Il trattato per la proibizione delle armi nucleari nasce dal desiderio di impedire che tragedie come quella di Hiroshima e Nagasaki possano ripetersi, e le testimonianze degli hibakusha hanno costituito la forza trainante per la sua realizzazione. Anche in questo senso, il momento in cui è stata decisa la sua entrata in vigore è stato molto commovente.
D: Il trattato è stato ratificato da cinquanta paesi dopo poco più di tre anni dalla sua adozione da parte delle Nazioni Unite, nel luglio del 2017.
R: Inizialmente il nostro obiettivo era di farlo entrare in vigore nel giro di tre anni, possibilmente anche in due anni e mezzo. Tuttavia, il procedimento per la ratifica di un trattato internazionale varia da paese a paese e richiede una lunga serie di procedure, per cui spesso è necessario molto tempo. Francamente era difficile prevedere quando sarebbe entrato in vigore. Per questo, abbiamo sempre cercato di stabilire grandi obiettivi.
Lo scorso anno eravamo molto preoccupati per il possibile impatto che la pandemia di Covid-19 avrebbe potuto avere sull’andamento del trattato, ma in realtà tutto è progredito a ritmo molto spedito, anche rispetto ad altri trattati sulle armi di distruzione di massa.
Nonostante le forti pressioni contro la ratifica del trattato da parte dei paesi detentori di armi nucleari, molte nazioni – comprese quelle in buoni rapporti con essi – non hanno mai smesso di impegnarsi per raggiungere la ratifica. Per una piccola nazione non è facile opporsi a una grande nazione. Tuttavia, il fatto stesso che attualmente cinquantuno paesi abbiano ratificato questo trattato è la prova evidente che essi ritengono che le armi nucleari siano una questione estremamente importante, ed è la testimonianza della loro profonda convinzione che il trattato contribuirà a cambiare le circostanze attuali.
Non dobbiamo dimenticare che gli sforzi di ogni paese e delle persone che lo abitano ci stanno facendo avvicinare, passo dopo passo, alla concreta abolizione delle armi nucleari.
D: Si ritiene che i programmi di modernizzazione nucleare si stiano sviluppando sempre più velocemente, e che stia iniziando la corsa agli armamenti nucleari. In che modo il trattato per la proibizione delle armi nucleari può influenzare la situazione attuale?
R: Per oltre settantacinque anni si è dato per scontato che determinati paesi detenessero armi nucleari.
Il trattato per la proibizione delle armi nucleari ha reso illegali tutte le armi nucleari. Per quanto ci si possa opporre, il trattato è già entrato in vigore, quindi anche gli stati che possiedono armi nucleari sono coinvolti, volenti o nolenti.
Oggi le armi nucleari esercitano una forte attrattiva, perché si pensa che conferiscano un enorme potere. Ad esempio, anche un paese con una limitata influenza dal punto di vista economico, non appena entra in possesso di armi nucleari inizia a negoziare come se fosse sullo stesso piano di una grande nazione. Il fatto che si attribuisca grande importanza alle armi nucleari in quanto fonte di potere e privilegi è estremamente pericoloso.Cosa possiamo fare per cambiare questa situazione?
Il trattato per la proibizione delle armi nucleari stigmatizza le armi nucleari come “ripugnanti” e ne impedisce l’utilizzo. Oltre ad aver stimolato riflessioni in merito alle armi nucleari a ogni livello sociale, non solo nei paesi detentori ma anche in quelli che dipendono da essi, così come nelle aziende coinvolte nella loro produzione, nelle banche che investono in tali aziende e nelle università coinvolte nella ricerca sulla produzione di armi nucleari, impedisce l’utilizzo e ostacola il possesso delle armi nucleari, considerate disumane e fonte di innumerevoli problemi.
Credo che impegnarsi a far sì che le armi nucleari perdano il “valore” che viene loro attribuito, sia forse l’unico modo per rendere possibile l’abolizione delle armi nucleari.
D: A contribuire alla nascita del trattato è stato l’appello degli hibakusha contro la natura disumana delle armi nucleari. Dopo aver visitato Hiroshima e Nagasaki, nel 2018, lei ha affermato l’importanza che i leader di ogni paese si rechino nelle aree colpite dai bombardamenti atomici.
R: Uno dei motivi che rende difficile la risoluzione della questione delle armi nucleari è il suo carattere estremamente “astratto”. La maggior parte delle persone non ha mai visto né sa cosa sia un’arma nucleare. Pertanto, l’abolizione delle armi nucleari tende ad essere un argomento che rimane sempre sul piano teorico. Ma se ci si reca a Hiroshima o a Nagasaki, è possibile percepire chiaramente che si tratta di armi reali, che esistono davvero, e che purtroppo la stessa tragedia potrebbe accadere nuovamente.
Le persone coinvolte nel processo decisionale di una nazione pensano solo a minacciare altre nazioni con armi nucleari, senza pensare minimamente a cosa potrebbe accadere se venissero realmente utilizzate. Persino coloro che vengono considerati “esperti” non sanno nulla dell’immagine reale delle armi nucleari. Solo gli hibakusha, i sopravvissuti alla bomba atomica, sanno davvero cosa sono le armi nucleari e ciò che accade alla propria famiglia e alla propria città quando vengono utilizzate. Solo gli hibakusha sono veri “esperti” delle armi nucleari. Per questo credo sia essenziale che i leader di ogni paese del mondo visitino le città di Hiroshima e Nagasaki e ascoltino le voci degli hibakusha, per capire cosa comporta realmente l’uso delle armi nucleari.
D: Che impatto ha avuto l’attuale pandemia di Covid-19 sul dibattito sulle armi nucleari?
R: Con il costante aumento dei contagi, anche noi di ICAN siamo diventati molto cauti nel promuovere il dibattito sulle armi nucleari rispetto a come avevamo fatto finora. Ma se proviamo a osservare le cose da un altro punto di vista, quello del nucleare è un problema che concerne la sicurezza del ventunesimo secolo. Oggi l’umanità sta combattendo la pandemia e il cambiamento climatico, ma le armi nucleari non hanno alcun potere contro queste minacce.
Negli Stati Uniti sono venute a mancare più di trecentomila persone a causa del Coronavirus. Gli ingenti investimenti che vengono fatti in armi nucleari potrebbero invece essere utilizzati per migliorare l’assistenza medica e per le indennità di disoccupazione. Per proteggere i cittadini di ogni paese dall’attuale crisi, è necessario essere vicini alle persone, unirsi, avere una prospettiva a lungo termine e pensare alla sicurezza sociale. Credo che dobbiamo rivalutare ciò che davvero ci protegge, se abbiamo davvero bisogno di armi nucleari.
Un altro punto di vista è quello scientifico. Nel corso degli anni gli scienziati hanno ripetutamente lanciato l’allarme in merito sia a possibili pandemie che a cambiamenti climatici. E ora si sta verificando esattamente ciò di cui ci avevano avvisato.
Gli scienziati ci stanno anche mettendo in guardia sui pericoli di un’eventuale guerra nucleare. Dobbiamo renderci conto che se non intraprendiamo nessun tipo di azione, simili tragici scenari potrebbero diventare realtà. Non possiamo aspettare che scoppi una guerra nucleare per agire, perché allora sarebbe troppo tardi.
D: Il nostro augurio è che questa lotta contro la pandemia sia un’opportunità per il mondo per imparare a muoversi verso la cooperazione e l’armonia.
R: Ci sono diversi esempi di eventi che hanno cambiato il mondo. Tra questi, gli orrori e il ricordo delle due guerre mondiali hanno portato alla nascita di organizzazioni di cooperazione internazionale come le Nazioni Unite, l’Unione Europea e l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Association of South-East Asian Nations – ASEAN), e alla creazione di norme giuridiche che vietano l’utilizzo di armi biologiche e chimiche, così come delle mine anti- persona. Sicuramente c’è ancora molta strada da fare, ma si può affermare che il modo di collaborare dei vari paesi del mondo è cambiato rapidamente dopo le guerre mondiali.
Credo che dopo questa pandemia il mondo realizzerà cambiamenti simili. Anche se in questo momento può sembrare difficile da immaginare – proprio come non fu facile fare previsioni sul futuro alla fine della seconda guerra mondiale – sono convinta che il nostro futuro prenderà sicuramente la direzione migliore, ma per far sì che tutto ciò si realizzi dobbiamo agire.
D: Come ha accennato, molte persone percepiscono quello delle armi nucleari come un problema che non le riguarda da vicino, oppure credono di non poter fare nulla in prima persona.
R: Questo è un argomento davvero importante. Come mostrano alcuni sondaggi, la maggior parte delle persone prova ripugnanza e avversione verso le armi nucleari, e non vuole che si trovino nelle proprie vicinanze. Tuttavia, non pensa di poter fare qualcosa di concreto a riguardo.
In realtà, è vero il contrario: ci sono tante cose che si possono fare. La stessa campagna ICAN e il trattato per la proibizione delle armi nucleari sono nati dall’unione di comuni cittadini che hanno unito le loro forze e la loro saggezza, collaborando anche con i governi.
Quando pensiamo alle armi nucleari tendiamo a concentrarci solo sui leader dei paesi detentori delle armi nucleari. Anche se ci sforzassimo di pensare a come cambiare il loro modo di vedere la questione, continueremmo comunque a percepirla come lontana da noi. La prima cosa da fare è focalizzare la nostra attenzione su ciò che ci circonda: il governo del nostro paese, gli enti locali, le imprese, le università e così via. Il mondo è composto da innumerevoli reti e gruppi. È fondamentale non perdere di vista ciò che possiamo fare concretamente adesso, fissandoci solo sui nostri obiettivi finali, lontani nel futuro.
Questo è uno dei punti di forza di ICAN. Tutto è nato da piccoli gruppi di persone che si sono unite condividendo idee e ispirandosi a vicenda, per poi intraprendere azioni concrete con la determinazione: “Prima di tutto, impegniamoci a trasformare la rete di cui facciamo parte!”. La collaborazione di varie organizzazioni è in grado di influenzare persino importanti questioni internazionali.
Pensare a cosa si può fare a livello nazionale e regionale e capire come questo possa condurre alla creazione di un movimento, come una marea montante su scala globale: un ottimo esempio di tutto questo è il movimento della SGI.In qualsiasi Paese io abbia visitato, ho incontrato membri della SGI.
Sono tutti impegnati a portare avanti il movimento globale per la pace della SGI mentre contribuiscono attivamente alle rispettive comunità locali. Credo che tutto ciò costituisca un modello ideale, che coniuga una prospettiva locale con quella globale.